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Pugni e conigli

farisei(di Mimmo Sinagra) – Papa Francesco è una persona “diretta”, non va mai tanto per il sottile. Pensa profondamente a quello che dice, ma non lo pensa due volte, perché sa che la forza dell’espressione, con la troppa riflessione, si annacqua e perde di efficacia. È un papa sudamericano, non italiano, né polacco, né tedesco: comunque, non europeo. Gli sono estranee le sottigliezze teologiche: le conosce bene, ma le supera con la sua profonda visione pastorale. L’odore delle pecore copre qualsiasi “profumo” francese, anche ciò che di francese é “intoccabile” e assoluto: la cosiddetta “libertà di espressione”, figlia dell’illuminismo. É per questo che Scalfari si é un po’ risentito, ripensando a Voltaire, sull’espressione del “pugno”. Ma, a ben vedere, anche Cristo, spesso, non andava troppo per il sottile, con certa gente. Le disquisizioni teologiche farisaiche non facevano per lui: quando c’era, “secondo la teoria”, da lapidare una donna, si frapponeva, anche fisicamente, privilegiando la persona, anche col suo carico di peccato. “La teoria è una cosa, la pratica un’altra” dice Papa Francesco lassù dall’aereo. Non la pratica del mediocre che non ha idealità, ma la concretezza dell’uomo in situazione. Non l’estremizzazione, ma la saggia prudenza.

Anche nella metafora del cattolico prolifico come un “coniglio” Papa Francesco ci invita a fuggire da stereotipi di “tutto o niente”. È “convinto”, si diceva ai tempi in cui frequentavo la scuola, parlando di una persona inquadrata ed estrema. E il Papa mette in guardia proprio da questi cattolici “convinti” per i quali la casualità coincide con la volontà creativa di Dio. L’atto pro-creativo deve essere invece partecipato come il creativo, perché Dio non può e non vuole sostituirsi alla responsabilità genitoriale. Naturalmente, all’opposto, la coppia cristiana per egoismo non può precludersi per sempre, potendolo, la sua capacità generativa.
Insomma, con la metafora del “pugno” il papa ridimensiona l’assolutezza della libertà di espressione, che deve trovare il suo limite nell’astensione dal vilipendio e dall’offesa verso l’altrui religione; solidarizza con il mondo musulmano “moderato”, anch’esso scosso da una parte dalla blasfema rappresentazione di Maometto, dall’altra dalla tremenda reazione dei fondamentalisti. Sollecita i torpidi cristiani ad indignarsi anche loro dinanzi a certe rappresentazioni scurrili dei misteri principali della loro fede. Strizza l’occhio ad entrambi invitandoli a reagire con moderazione (il pugno anziché il kalaznikov) ad una libertà di espressione che, se non sostenuta dalla prudenza, diviene offesa violenta e generatrice di violenza.
La sua lunga esperienza nelle favelas piuttosto che nei palazzi curiali, nella periferia di Buenos Aires piuttosto che negli attici dei salotti romani, la sua vicinanza alle famiglie nelle loro concrete necessità lo hanno poi portato a porsi seriamente il problema della paternità responsabile da contrapporre alla incontrollata generazione di prole. Anche qui prudenza, saggezza, responsabilità, concretezza.
Eretico? Blasfemo anche lui? Si, come Cristo, quando cita l’asino che cade nel fosso il giorno di sabato, e che, secondo le “teorie”, non potrebbe essere tratto in salvo. “Siamo umani”, conclude il Papa. E dell’uomo, cioè di noi stessi, conosciamo il relativo, anche delle conquiste più elevate: la libertà, che deve trovare il suo limite nella libertà altrui; la fede, che deve saper rispettare quella diversa da sé; la morale, che ha ragion d’essere per l’uomo e per il suo sviluppo, e non a suo danno.
Anche l’assoluto di Dio si pone in relazione, in confronto, in conflitto talora, con la realtà umana. Recepire questa dimensione è riscoprire la fede in un Dio che si incarna. Papa Francesco che si commuove e tace dinanzi ai bambini senza famiglia é come Cristo che piange dinanzi all’amico Lazzaro morto.
E se qualcuno, alla fine, afferma che Papa Francesco stia esagerando, gli si ricordi che, esagerazione per esagerazione, tanti cristiani, papi, vescovi e fedeli, possono anche aver esagerato, in senso opposto, per tanti secoli.