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CITTÀ INCLUSIVE CONTRO LA MARGINALITÀ

CITTÀ INCLUSIVE CONTRO LA MARGINALITÀ

città inclusiveIl benessere urbano, come immaginabile, cambia da sud al nord e le difficoltà possono essere molto diverse tra loro. In aumento la marginalità soprattutto tra i minori di famiglie con problemi di occupazione. La crisi non ha agito allo stesso modo su tutti i territori, la crisi ha colpito in modo differenziato, peggiorando in diversi casi situazioni già drammatiche. Problemi sanitari, solitudine , alcolismo e tossicodipendenza, emergenza abitativa , sfruttamento lavorativo e anche sessuale in alcuni casi, sono tra le maggiori problematiche riscontrate. I grandi cambiamenti in atto, richiedono una rilettura di queste marginalità con una visione nuova e strumenti nuovi.

Una delle sfide fondamentali e il rafforzamento della coesione sociale insieme all’ integrazione delle multietnicità e diversità culturali. Se si mancassero questi due obiettivi, aumenterebbero insicurezza e paura , facendo crescere la sfiducia negli altri e di conseguenza la conflittualità sociale. In Italia, secondo i dati in possesso, abbiamo un livello di fiducia negli altri, solo del 30% mentre al nord Europa la fiducia e di oltre il 70%… Gli homeless sul nostro territorio, sono circa 50.000 , un dato da noi in aumento; gli uomini sono l’ 85% , 58% gli stranieri. Si sta verificando, secondo i dati rilevati, una convergenza sia dell’ età degli stranieri con quella degli italiani sia del tempo trascorso nell’emarginazione. La crisi ha aumettato il numero di queste persone e la cronicizza.

Milano e Roma raccolgono 20.000 dei 50.000 , l’età anagrafica media è passata dai 37 ai 40 anni e la durata media di emarginazione è passata dai 18 ai 24 mesi. Anche nella comunicazione sono aumentate le difficoltà: il 14 % non riesce a comunicare a causa dell’ alcool, di malattie mentali o perché stranieri. La separazione coniugale diventa sempre di più una causa determinante nel passaggio all’emarginazione, questa è stata riscontrata nel 63% dei casi, mentre le cattive condizioni di salute riguardano il 25% della totalità. Ci sono 4 target fondamentali, della massima importanza che devono essere tenuti in grande considerazione in futuro; donne senza dimora (esposte a ogni tipo di violenza), persone senza dimora giovani (rischio cronico di emarginazione) , anziani (spesso impossibilitati a dormire in strutture di accoglienza), persone senza dimora con problemi di salute e dipendenza. 

Un cambio di mentalità necessita anche nel mondo della disabilità mentale dove si riscontrano ancora troppe barriere materiali, urbanistiche ma soprattutto culturali. La disabilità mentale ha le difficoltà culturali più forti nell’essere accettata e compresa perché non è evidente all’occhio. Molta strada c’è ancora da fare in questo ambito perché c’è un diritto della persona non solo all’esistenza ma anche ad un progetto di vita dignitoso per una attiva partecipazione anche nel mondo del lavoro, che dia dignità alla persona e gli impedisca di finire in sacche di esclusione sociale.

In tutto questo, però, il dato positivo è che il fronte dei volontari in Italia è sempre forte e costante nel suo impegno, può contare 7.000.000 di persone impegnate in vari ambiti di intervento, con una età media di 45 anni e una buona preparazione specialistica inerente al settore operativo.

E’ stata utilizzata la domanda sulla percezione dell’adeguatezza delle risorse economiche della famiglia per costruire due categorie di volontari, la prima in cui sono presenti i volontari che dichiarano di avere risorse economiche elevate o adeguate e la seconda con i volontari che ritengono di disporre di risorse economiche scarse o assolutamente insufficienti.

I volontari con più alte risorse economiche famigliari o personali si impegnano più spesso degli altri nelle organizzazioni operanti negli ambiti culturali e ricreativi, di filantropia, istruzione e ricerca. Svolgono inoltre più frequentemente degli altri ruoli equivalenti a professioni intellettuali o tecniche, in conformità con il loro bagaglio di istruzione e di esperienza professionale.

Invece i volontari con minori risorse famigliari e educativo-professionali personali danno un contributo maggiore, sempre comparativamente rispetto agli altri, alle organizzazioni nei settori della sanità, dell’ambiente e della cooperazione. Ricoprono poi ruoli assimilabili a professioni esecutive o dei servizi.

Ciò conferma quanto la scelta di fare volontariato da parte delle persone sia benefica per l’individuo e per la società intera da molti punti di vista. E’ chiaro il legame importante fra volontariato e benessere, ora sappiamo anche che chi vive situazioni di svantaggio economico non rinuncia comunque a fare la sua parte, ma la svolge con modalità, ruoli e motivazioni diversi. Il volontariato in Italia è un potente fattore di redistribuzione solidaristica da parte di chi è socialmente garantito, ma anche un’occasione di inserimento sociale e crescita culturale per chi vive posizioni socioeconomiche più deboli.