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Pregare sempre senza stancarsi mai

«Pregare sempre senza stancarsi mai»
(Es 17,8-13; Sal 120; 2Tm 3,14-4,2; Lc 18,1-8)

Il tema della preghiera è senza dubbio uno dei più presenti e più intriganti nel Vangelo di Luca. Da una parte per l’esempio costante e coinvolgente di Gesù, che troviamo spesso immerso nella preghiera, di giorno e di notte, in luoghi solitari o davanti ai suoi discepoli, i quali ne sono talmente impressionati da chiedergli di insegnare loro a pregare. Dall’altra parte per gli insegnamenti espliciti che Gesù offre ai suoi discepoli sulla preghiera. Il Vangelo di questa domenica ci presenta per l’appunto un insegnamento direttamente mirato sulla preghiera ed in particolare sulla “necessità di pregare sempre senza stancarsi”. Luca ci racconta una parabola con cui Gesù presenta il caso di un giudice disonesto e corrotto, per far esaltare, per contrasto, la disponibilità e la prontezza di Dio nell’ascoltare le preghiere dei suoi servi. A ciò si aggiunge la bellissima e suggestiva narrazione del libro dell’Esodo, in cui vediamo Mosè sostenere la battaglia contro gli Amaleciti con la forza della preghiera, mentre Giosuè affrontava il potente nemico con i suoi uomini poco sperimentati nell’arte della guerra, ma fiduciosi in Javhè che dona la vittoria.

L’immagine della battaglia è una delle più classiche per simboleggiare la vita dell’uomo su questa terra, con tutti i problemi e le difficoltà che si devono affrontare giorno dopo giorno. Il credente sa che egli non è solo. Egli è chiamato a fare la sua parte con impegno e responsabilità costanti, ma può sempre contare su Dio, che è al suo fianco, cammina con lui, l’accompagna e lo sostiene in ogni momento. L’uomo non può presumere di fare a meno di Dio e Dio d’altra parte non abbandona i suoi figli, ma si prende cura di loro, perché la riuscita finale dell’uomo, cioè la sua salvezza, è dono di Dio ed è per grazia che noi siamo salvati. Questa sintonia tra Dio e l’uomo, la vediamo pure nella parabola del giudice iniquo e della vedova. La fisionomia del giudice viene tratteggiata da due atteggiamenti di fondo, che di per sè sono stonati in un uomo che è chiamato ad esercitare la giustizia. Gesù stesso ce lo descrive come uno “che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno”, un uomo quindi centrato su se stesso, arrogante, cinico, senza scrupoli, disonesto, che agisce solo mosso da interesse personale.

Eppure quest’uomo, che tante volte si era rifiutato di ascoltare quella povera donna, alla fine, per non essere più disturbato dalla sua insistente ed importuna presenza e per togliersela dai piedi, le fa giustizia contro il suo avversario. Se un giudice senza cuore riesce a rendere giustizia a quella donna indifesa, quanto più Dio, che è misericordioso e giusto, non sarà pronto ad ascoltare le suppliche dei suoi figli che si trovano nel bisogno e fanno ricorso a Lui! Ma in tutta la vicenda l’accento è messo sulla insistenza della preghiera, sul fatto che quella donna continui a rimanere sulla breccia, nonostante i rifiuti, non si arrende e non desiste dal chiedere che le venga resa giustizia. Certamente crede nella bontà della sua causa e nel suo intimo continuamente si rivolge a Dio, ma questo non la esime dal fare tutto quello che è in suo potere per essere ascoltata. Infatti, non si stanca di importunare il giudice, fino a che non venga esaudita.

Pregare, nel nostro tempo soprattutto, è già di per sé difficile e molto spesso non si  capisce perché si debba pregare. Ma Gesù ci chiede di pregare sempre, senza stancarci, anzi afferma chiaramente che si tratta di una necessità: la stessa necessità che abbiamo di respirare per vivere. Però, mentre a questa esigenza provvede la natura stessa, all’altra esigenza può provvedere solo la fede. Fede e preghiera vengono poste in relazione di reciprocità feconda. La fede sostiene ed alimenta la preghiera. La preghiera si nutre e si radica nella fede. La fede, se viene meno la preghiera, si va svuotando lentamente e finisce col dissolversi nel nulla. Se facciamo fatica a pregare è perchè la nostra fede è fiacca, dormiente o latitante, perché la fede è anzitutto relazione con Dio, in Cristo Gesù. Se con Cristo Gesù non abbiamo un contatto vivo e continuo, è normale che la nostra preghiera si inaridisca e non trovi spazio in noi. L’interrogativo con cui termina la parabola ci fa tremare. Quando tornerà, troverà Gesù ancora la fede sulla terra? Un interrogativo davvero inquietante.

Ma ci imbarazzano pure le altre domande, che in fondo sono delle affermazioni che ci rassicurano sul fatto che Dio ascolta chi grida notte e giorno verso di Lui, che non lo fa aspettare e gli da risposta prontamente. Ed è qui che rimaniamo perplessi. Quante preghiere sembra che non vengano ascoltate da Dio? Quante volte pensiamo che Dio sia sordo e non si prenda cura di noi? Cosa significa questo “prontamente”? Certo i tempi di Dio non sono i nostri e le nostre richieste non sempre entrano nel suo progetto. Forse noi vorremmo un Dio a nostra misura e secondo i nostri bisogni, invece di entrare nella misura e nel pensiero di Dio. Forse, sotto sotto non crediamo molto alla vita eterna e ci interessa solo quella terrena. Forse vorremmo anticipare i cieli nuovi e la terra nuova, dove non ci sarà più né lutto né pianto. Forse vogliamo eliminare il mistero della croce di Cristo, che culmina nel grido di fede : ”nelle tue mani, Padre, affido la mia vita”!

Giuseppe Licciardi (P. Pino)