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La parabola della zizzania

XVI Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
La parabola della zizzania

L’eterna domanda: Com’è l’uomo, buono o cattivo? Che cosa prevale nel suo cuore, il bene o il male? Forse nell’uomo c’è un po’ dell’uno e dell’altro, perché nessuno è solo zizzania o puro grano. Esistono invece modi, prospettive e angolature diversi di guardare e educare l’uomo; perché quest’ultimo, spesso lo dimentichiamo, va educato. Questo è quanto l’evangelista Matteo nel racconto di oggi ci vuole indicare.
Nella parabola l’evangelista ci mostra lo zelo dei servi (lavoratori) che si fermano a guardare solo la zizzania, non riescono ad andare oltre: “Da dove viene? Vuoi che andiamo a raccoglierla?”.
Poi la parabola ci mostra lo sguardo acuto, l’attenzione e la delicatezza del padrone del terreno che invece ha a cuore la crescita del buon grano presente nel campo: “No, rispose, perché non succeda che sradichiate anche il grano”.
Poche spighe avrebbero potuto sradicare i servi insieme a tutta la zizzania, eppure anche una sola spiga agli occhi di Dio vale più di tutta la zizzania.
Il Signore, quindi, guarda l’uomo da un’altra prospettiva. Nessun uomo è totalmente “zizzania”, a tal punto da non poter essere recuperato.
Quante volte abbiamo guardato il mondo con la delusione dei servi della parabola e avremmo voluto strappare la zizzania, subito, immediatamente, dimenticandoci che con essa avremmo potuto strappare qualche spiga di grano buono? Quante volte abbiamo guardato le persone e in loro abbiamo visto solo il male e le abbiamo giudicate con la durezza dei giudici spietati che non conoscono tolleranza alcuna? Quante volte, invece, ci siamo dimenticati che esiste un modo positivo – questo ci insegna Gesù – di guardare il mondo? Che esiste in ogni uomo la “bellezza”, quella che viene da Dio e che alla fine questa verrà fuori?
“L’essenziale è invisibile agli occhi” dice la volpe al piccolo principe nel libro omonimo di Antoine Marie Roger de Saint-Exupèry.
Guai a noi quando abbiamo fretta e diamo giudizi fermando il nostro sguardo all’apparenza e non abbiamo coraggio sufficiente di guardare in fondo, di scoprire l’essenziale che c’è in ogni persona.
Il nucleo più vero dell’uomo non è il suo peccato, il male che commette, ma la potenzialità di bene che Dio ha seminato in lui. Il suggerimento che il padrone dà ai servi della parabola di questa domenica è: “preoccupatevi del buon seme, amate ciò che di buono c’è in voi e negli altri”.
La nostra vera preoccupazione non deve essere quella della zizzania, o dei difetti, o delle debolezze, ma quella di coltivare ideali forti, sentimenti sinceri, di fare scelte di assoluta giustizia perché Dio ha seminato questi semi in noi.
Lasciamo che essi ogni giorno sboccino in tutta la loro forza e bellezza e vedremo la luce vincere le tenebre, la zizzania essiccarsi e tutta la nostra bellezza emergere come seme che germoglia con il calore del sole.

Don Gino Giuffrè