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Allontanati da me, che sono un peccatore

ALLONTANATI DA ME, CHE SONO UN PECCATORE

(is 6, 1-2a.3-8; 1Cor 15, 1-11; Lc 5, 1-11)

Non è per niente difficile trovare nelle letture di questa domenica un tema che le unifica. Fin dal primo sguardo si nota subito che è quello della vocazione, che comprende insieme sia la chiamata di Dio – o di Gesù– sia la risposta dell’uomo. In ogni caso ci rendiamo conto che si tratta di un evento sorprendente, non scontato, non dovuto, ma che giunge sempre come una incredibile ed immeritata sorpresa. Dio chiama -o, per dirla meglio – Dio ci chiama per una sua scelta gratuita e dettata unicamente dalla sua sapienza e misericordia, a prescindere dai nostri meriti, dai nostri titoli, dalla nostra appartenenza, dalla nostra pochezza ed inadeguatezza. Ci chiama perché ci ama e ci ha scelti. Ci chiama perché conta su di noi. Ci chiama, perché vuole dare alla nostra vita un senso ed elevarla, avvicinandoci sempre di più a Lui e rendendoci partecipi del suo progetto di salvezza e di misericordia. Quello che chiede da parte nostra è che accettiamo con totale disponibilità la sua chiamata, fidandoci di Lui, mettendo da parte ogni “ma, se, o come”, lasciando che sia lui a guidare i nostri passi “come, dove, quando, perché” Lui vuole. É Lui che si assume la responsabilità della sua scelta e si rende garante per noi.

Questo modo di agire di Dio, che vuole rendere l’uomo corresponsabile e collaboratore della sua opera, lo possiamo vedere nella storia di queste tre straordinarie persone, molto diverse tra di loro, di cui leggiamo nelle tre letture di questa domenica: Isaia, uomo che vive all’ombra del Tempio, Paolo, fariseo di stretta osservanza e studioso della Legge, e Pietro, un semplice pescatore della Galilea. Isaia si trova nel Tempio di Gerusalemme, dove gli capita di vivere una straordinaria esperienza di carattere mistico. Mentre se ne sta immerso nella preghiera, avvolto dal profumo dell’incenso, viene rapito come in una visione che lo trasporta davanti al trono di Dio, alla presenza dei Serafini che proclamano la sua gloria e la sua santità. Questo impatto improvviso con la santità di Dio, fa esperimentare ad Isaia il senso della sua indegnità. Egli si sente un uomo dalle labbra impure, incapace di poter stare alla presenza di Dio. Ma uno dei Serafini tocca le sue labbra con un carbone acceso e lo purifica. A questo punto ecco che Dio stesso si rivolge a quest’uomo, ormai trasformato dalla sua grazia, e gli rivolge una proposta: “Chi manderò e chi andrà per noi?“. Ogni paura è svanita dal cuore del profeta, che sente il coraggio di poter rispondere con fermezza: “Eccomi, manda me“.

Ben diversa è l’esperienza di Paolo di Tarso, che, cresciuto come fariseo e zelante cultore della legge di Dio, aveva maturato una irrefrenabile avversione verso i seguaci di Gesù, convinto che si trattasse di impostori e bestemmiatori della legge di Dio. Il suo cuore era pieno di odio verso i cristiani tanto che desiderava cancellarli dalla faccia della terra. Aveva ricevuto il mandato di perseguitarli e lo faceva con straordinario accanimento. Ma Colui che conosce il cuore dell’uomo si manifestò a Paolo sulla via di Damasco, lo atterrò con la sua potenza ma nello stesso tempo la luce improvvisa che mandò dall’alto e sembrò renderlo cieco, in realtà aveva illuminato l’oscurità della sua mente e del suo cuore e gli aveva fatto riconoscere in quel Gesù che egli perseguitava il Signore, il Cristo di Dio. Da quel momento la vita di Paolo è del tutto trasformata. Egli non può mai dimenticare il suo passato di persecutore, ma ormai sa che ha un compito da portare avanti nel nome dello stesso Gesù. Egli sente di essere il più piccolo degli apostoli, indegno persino di essere chiamato tale, ma ha la piena consapevolezza che tutto quello che lui fa è opera della grazia misericordiosa di Dio, e questa grazia non è stata vana in lui, ma gli ha dato il potere di spendersi tutto in favore del vangelo.

Seguendo il racconto di Luca, Pietro viene colto nello svolgersi quotidiano della sua vita di pescatore, ma in un momento di delusione e di amarezza per una nottata trascorsa inutilmente e senza alcun risultato. Sta lavando le sue reti rimaste vuote, quando gli si avvicinò Gesù e gli chiese di salire sulla sua barca, spostandosi un po’ dalla riva per poter essere visto ed udito dalla grande folla che lo seguiva. Pietro fa come Gesù gli aveva chiesto, quindi rimane seduto accanto a Lui che dalla barca ammaestra la folla. Non sappiamo quello che Gesù disse, ma appena finì di parlare disse a Pietro: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca!”. Pietro, ancora deluso, accenna alla fatica sprecata della notte precedente, ma si vede che la parola ascoltata aveva fatto maturare qualcosa nella sua mente, tanto che subito aggiunge: “Sulla tua parola calerò le reti!”. Nonostante tutto, sente di potersi fidare di Gesù, è affascinato dalla sua autorità. E non si sbaglia. In pochi minuti le reti si tendono cariche di pesci, tanto che hanno bisogno di chiedere aiuto alla barca vicina degli altri suoi compagni. Arrivano sulla spiaggia con le due barche piene di pesci che quasi rischiavano di affondare. Stupore e confusione invadono il cuore di Pietro, di fronte al soprannaturale che si rivela, e lo fa sentire inadeguato. Pieno di timore si getta ai piedi di Gesù, dicendo: “Allontanati da me, perché sono un peccatore“.

Questo umile riconoscimento della sua indegnità è il segno che Gesù ha letto giusto nel cuore di Pietro, per questo gli si avvicina con grande comprensione e tenerezza e gli dice: ” Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini”. Pietro comprende bene a questo punto che la sua fiducia non va posta nelle sue capacità, ma in Gesù che lo renderà capace di portare a compimento quello per cui lo ha chiamato, a patto che egli continui a mantenersi in piena sintonia con Gesù. Se Pietro si basa sulla sua pesca fallimentare, allora tanto vale che se ne stia ancora sulle rive del lago. Se si affida a Gesù, allora si rende conto che Egli gli sta affidando un compito ancora più grande, che va oltre le sue possibilità. Pescare pesci era il suo mestiere, ma pescare uomini è tutt’altra cosa. In senso normale il mare è una fonte di vita e Pietro sa come trattarlo. Ma in senso simbolico il mare è l’immagine delle potenze avverse che vogliono ingoiare l’uomo. La pesca quindi significa tirare fuori gli uomini dalle grinfie delle forze ostili del male e condurli alla vera vita e alla salvezza, ed in questo Pietro deve fare affidamento solo su Gesù, il Salvatore. Quell’imperativo futuro “sarai” è forza di speranza e di certezza. Speranza che esige la totale disponibilità al servizio. Certezza che viene data da Colui che è l’Amen, il Signore.

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)