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La moltiplicazione dei pani e dei pesci

«PRESE I PANI… LI DIEDE… QUANTI NE VOLEVANO»
(2Re 4, 42-44; Sl 144; Ef 4, 1-6; Gv 6, 1-15)

Per alcune domeniche la lettura del Vangelo di Marco viene sospesa e sostituita con la lettura del capitolo sesto del Vangelo di Giovanni che ci parla del pane di vita eterna, a partire dal grandioso segno della moltiplicazione dei pani e dei pesci, compiuto da Gesù. Questo segno compiuto da Gesù è messo in riferimento, nella liturgia, con un prodigio simile avvenuto al tempo di Eliseo, profeta di Dio, che con venti pani d’orzo, primizia del raccolto, sfama più di cento persone che stavano con lui. Questo prodigio è stato possibile a partire da un gesto di pura gratuità e generosità di un uomo, uno sconosciuto di cui non sappiamo proprio nulla, il quale porta al profeta questo pane di primizia. L’orzo infatti matura e si raccoglie prima del grano e rappresenta qualcosa di straordinario, proprio come sono le primizie. Quell’uomo si priva, con sacrificio spontaneo e gioioso, di quella primizia, una prelibatezza, per farne dono agli altri. Dal dono gratuito di amore di quell’uomo scaturisce il dono di Dio, che fa bastare e avanzare i pani, perché tutti se ne potessero sfamare.

Il racconto di Giovanni tiene presente questo episodio quando ci racconta quello che è avvenuto quando Gesù passò all’altra riva del lago di Galilea. Questo “passare all’altra riva” manifesta l’esigenza imprescindibile, per chi vuole seguire Gesù, di aprire il suo cuore e la sua mente alla novità, a qualcosa di “altro” che è diverso dall’abituale, dallo scontato, dal “sempre si è fatto o è stato così”. Gesù viene a fare qualcosa di “altro”, qualcosa che viene dall’alto, che ci viene donato dal Padre, e che noi dobbiamo imparare ad accogliere, superando le chiusure e i pregiudizi. L’incapacità di riuscire a vedere la presenza di Dio che agisce a modo suo, oltre le nostre aspettative umane, può farci correre il rischio di non accettare Gesù e di cacciarlo via come indesiderato, solo perché non si presenta come lo vogliamo o lo desideriamo. Chi non mette condizioni all’agire sovrano di Dio ed è pronto ad accoglierlo così come a Lui piace rivelarsi, costui sarà in grado di riconoscerlo ed accettarlo con gratitudine e gioia interiore. Gesù viene sempre per arricchirti e per sorprenderti, anche quando ti chiede di spogliarti.

Una seconda annotazione riguarda la grande folla di gente che segue Gesù. Il gran numero di persone è motivato chiaramente dal fatto che «vedeva i segni che Gesù compiva sugli infermi». La gente viene immediatamente colpita e attratta dai miracoli e dalle guarigioni che Gesù compiva. In Gesù si rende visibile la misericordia di Dio che si china sull’uomo, sulla sua infermità e debolezza e lo guarisce, gli dona la gioia di vivere, gli fa scoprire la sua dignità e grandezza. Ecco perché c’è tanta folla. La gente cerca Dio, ha fame e sete di Dio e sente che Gesù può colmare queste attese. Per questo lo segue in un luogo deserto. Il deserto è luogo di aridità, di sterilità. Perciò nel deserto puoi cercare soltanto quello che può esaudire i desideri del tuo cuore e colmare la fame e la sete del tuo spirito. Nel deserto si può fare esperienza di ciò che è essenziale per l’uomo nella sua totalità. Gesù è proteso verso la folla, sente i suoi bisogni, e sente anche quello di cui la gente stessa a volte non è consapevole. Infatti, è Lui stesso che prende l’iniziativa, senza essere spinto da alcuna pressione.

Gesù interpella Filippo e gli chiede come poter sfamare tutta quella gente. La domanda è fatta ad arte: vuole che i discepoli comincino a mettersi nelle sue idee, imparino a sentire e a pensare come Lui. Il punto di partenza è il riconoscimento della propria incapacità a risolvere il problema senza un intervento “dall’alto”. Interviene a questo punto Andrea, con una osservazione che può sembrare una battuta: in mezzo alla folla c’è un ragazzo,  che ha cinque pani e due pesci. Che fare con cinque pani e due pesci? Ma questa notizia basta per illuminare il volto di Gesù. C’è qualcuno pronto a donare quello che ha, senza alcuna forma di interesse o di egoismo. È questa la condizione ideale: solo la generosità può produrre altra generosità. Ed ecco che Gesù ordina subito a tutti di mettersi a sedere, benedice, rende grazie; quindi spezza il pane per condividerlo con gli altri. Giovanni mette a fuoco la persona di Gesù: è Lui solo che agisce, che divide, che serve, come se gli altri stessero a guardare. Quei pani e quei pesci nelle mani di Gesù si moltiplicano per soddisfare la fame di tutta quella gente.

Giovanni insiste nel marcare la esuberanza del dono di Gesù con tante espressioni: “quanti ne volevano”, “furono saziati”, ed infine l’invito rivolto ai discepoli di raccogliere in cesti “i pezzi avanzati”. I doni di Dio bisogna accoglierli, custodirli, condividerli, non ignorarli, né tanto meno gettarli via, perché sono una ricchezza che Egli mette a nostra disposizione. I discepoli raccolgono dodici ceste dei pezzi avanzati: c’è ancora cibo per il nuovo popolo di Dio radunato attorno a Gesù. La nota posta da Giovanni all’inizio del racconto illumina l’evento di nuova luce: «Era vicina la Pasqua dei Giudei». La prospettiva eucaristica è chiaramente indicata: il pane nuovo, che Dio prepara per il suo popolo è il corpo di Gesù, pane vivo disceso dal cielo, l’unico capace di sfamare la fame e la sete inestinguibile del cuore dell’uomo. Se opera segni, questi servono solo ad orientare il popolo verso Dio, il solo vero pastore che si prende cura del suo gregge. Ed è venuto a radunarlo attorno al Figlio,  che compie la sua volontà. La gente intuisce il valore del segno: Gesù è il profeta promesso e ora mandato da Dio.  

Don Giuseppe Licciardi (Padre Pino)