«…Nell’ambito dei legami familiari, la malattia delle persone cui vogliamo bene è patita con un “di più” di sofferenza e di angoscia. E’ l’amore che ci fa sentire questo “di più”. Tante volte per un padre e una madre, è più difficile sopportare il male di un figlio, di una figlia, che non il proprio. La famiglia, possiamo dire, è stata da sempre l’“ospedale” più vicino. Ancora oggi, in tante parti del mondo, l’ospedale è un privilegio per pochi, e spesso è lontano. Sono la mamma, il papà, i fratelli, le sorelle, le nonne che garantiscono le cure e aiutano a guarire.
Nei Vangeli, molte pagine raccontano gli incontri di Gesù con i malati e il suo impegno a guarirli. Egli si presenta pubblicamente come uno che lotta contro la malattia e che è venuto per guarire l’uomo da ogni male: il male dello spirito e il male del corpo. E’ davvero commovente la scena evangelica appena accennata dal Vangelo di Marco. Dice cosi: «Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati» (1,29). Se penso alle grandi città contemporanee, mi chiedo dove sono le porte davanti a cui portare i malati sperando che vengano guariti! Gesù non si è mai sottratto alla loro cura. Non è mai passato oltre, non ha mai voltato la faccia da un’altra parte…
Gesù manda i discepoli a compiere la sua stessa opera e dona loro il potere di guarire, ossia di avvicinarsi ai malati e di prendersene cura fino in fondo (cfr Mt 10,1). Dobbiamo tener bene a mente quel che disse ai discepoli nell’episodio del cieco nato (Gv 9,1-5). I discepoli – con il cieco lì davanti! – discutevano su chi avesse peccato, perché era nato cieco, lui o i suoi genitori, per provocare la sua cecità. Il Signore disse chiaramente: né lui, né i suoi genitori; è così perché si manifestino in lui le opere di Dio. E lo guarì. Ecco la gloria di Dio! Ecco il compito della Chiesa! Aiutare i malati, non perdersi in chiacchiere, aiutare sempre, consolare, sollevare, essere vicino ai malati; è questo il compito.
La Chiesa invita alla preghiera continua per i propri cari colpiti dal male. La preghiera per i malati non deve mai mancare. Anzi dobbiamo pregare di più, sia personalmente sia in comunità…
…Di fronte alla malattia, anche in famiglia sorgono difficoltà, a causa della debolezza umana. Ma, in genere, il tempo della malattia fa crescere la forza dei legami familiari. E penso a quanto è importante educare i figli fin da piccoli alla solidarietà nel tempo della malattia. Un’educazione che tiene al riparo dalla sensibilità per la malattia umana, inaridisce il cuore. E fa sì che i ragazzi siano “anestetizzati” verso la sofferenza altrui, incapaci di confrontarsi con la sofferenza e di vivere l’esperienza del limite. Quante volte noi vediamo arrivare a lavoro un uomo, una donna con una faccia stanca, con un atteggiamento stanco e quando gli si chiede “Che cosa succede?”, risponde: “ Ho dormito soltanto due ore perché a casa facciamo il turno per essere vicino al bimbo, alla bimba, al malato, al nonno, alla nonna”. E la giornata continua con il lavoro. Queste cose sono eroiche, sono l’eroicità delle famiglie! Quelle eroicità nascoste che si fanno con tenerezza e con coraggio quando in casa c’è qualcuno ammalato.
La debolezza e la sofferenza dei nostri affetti più cari e più sacri, possono essere, per i nostri figli e i nostri nipoti, una scuola di vita – è importante educare i figli, i nipoti a capire questa vicinanza nella malattia in famiglia – e lo diventano quando i momenti della malattia sono accompagnati dalla preghiera e dalla vicinanza affettuosa e premurosa dei familiari. La comunità cristiana sa bene che la famiglia, nella prova della malattia, non va lasciata sola….».
Papa Francesco, Udienza generale di mercoledì 10 giugno 2015