Prof. Mario Pollo: «Leggendo e ascoltando i commenti dei giornalisti, alcuni dei quali fondati sul parere dell’esperto di turno, sul terribile incidente o, meglio, omicidio stradale, avvenuto ieri a Milano e costato la vita a una donna, mi sono desolatamente reso conto che gli studi sulle trasformazioni delle età della vita, fioriti nella seconda metà del secolo scorso, non sono stati acquisiti dalla cultura sociale dominante e non hanno dato vita ad adeguati interventi educativi. Questi commenti manifestano infatti una visione dell’infanzia che è scomparsa nel secolo scorso con l’avvento della televisione. Il libro che obbligò chi allora si occupava di educazione a prendere atto di questa scomparsa fu quello di Neil Postman dal titolo inequivocabile: La scomparsa dell’infanzia. Ecologia delle età della vita pubblicato nel 1982.
Pochi anni dopo il libro di Joel Meyrowitz: Oltre il senso del luogo sviluppò ulteriormente questo fenomeno attraverso un’analisi approfondita dell’impatto della televisione sui luoghi e le età della vita, con un’attenzione particolare ai percorsi formativi delle nuove generazioni.
Partendo da questi studi in un mio libro di quegli anni evidenziavo come la televisione avesse demolito uno dei principi cardine della socializzazione delle nuove generazioni: l’accesso regolato e progressivo delle nuove generazioni alle informazioni e agli aspetti più problematici e delicati del mondo sociale a cui appartenevano.
Questo faceva sì che il bambino entrasse gradatamente con il crescere dell’età in contatto con le informazioni, gli atteggiamenti ed i comportamenti del mondo adulto. Per garantire che questa progressione avvenisse in modo ordinato nella società era stata organizzata una vera e propria segregazione delle età. L’ordinamento scolastico era un esempio di questa segregazione, finalizzata a far si che i bambini delle varie età entrassero in contatto solo con le informazioni ed i comportamenti che erano ritenuti dagli adulti appropriati alla loro età.
Questo comportava la messa in opera di una accurata selezione in base alla sua età delle informazioni e dei comportamenti ai quali il bambino veniva esposto. Una garanzia dell’efficacia della segregazione era offerta oltre che dal comportamento degli adulti dal fatto che in un passato, anche recente, l’unico mezzo di accesso indiretto alle informazioni che i bambini potevano utilizzare era quello della lettura.
Ora è noto che l’acquisizione di una evoluta capacità di lettura richiede un percorso di apprendimento che dura molti anni e che, quindi, era sufficiente che un testo fosse scritto con un linguaggio più complesso di quello che mediamente il bambino di una certa età possedeva perché le informazioni contenute in quel testo gli fossero, di fatto, inaccessibili.
Gli adulti poi quando erano presenti dei bambini cercavano di nascondere, collocandoli in una sorta di retroscena, quei comportamenti che ritenevano potessero minacciare l’innocenza infantile.
La televisione ha infranto questa segregazione in quanto i bambini di qualsiasi età guardandola ricevono le stesse informazioni degli adulti e nello stesso tempo vengono anche in contatto con quei comportamenti da retroscena che un tempo venivano loro accuratamente nascosti.
Questo fa si che i bambini, dato che ricevono delle informazioni sociali riguardanti tutte le età, siano costretti a compiere una evoluzione cognitiva, affettiva e sociale individuale e solitaria, del tutto diversa da quella che continua ad essere ipotizzata dalle tradizionali agenzie educative, che si comportano come se il bambino non guardasse la televisione.
In generale però la socializzazione non più legata all’età non riguarda solo i bambini ma è divenuta un fenomeno sociale che colpisce anche gli adulti e gli anziani. È infatti una osservazione comune che l’età cronologica è diventata sempre meno indicativa del modo di vivere della gente e che, quindi, l’orologio interno delle persone non è più potente e costrittivo come una volta.
Questo significa che è possibile essere sia adulti infantili che bambini maturi nella vita sociale.
Questo fenomeno si è ulteriormente accentuato con l’arrivo dei nuovi media elettronici e questo ha fatto si che l’età infantile non fosse più l’hortus conclusus nel quale veniva coltivata l’innocenza della condizione infantile, ma una selva colma di una vegetazione cresciuta casualmente e spontaneamente nella quale sono presenti piante necessarie e utili accanto ad altre nocive alla crescita umana dei bambini.
Il risultato di questo è stato uno svezzamento precoce dei bambini riguardo gli aspetti problematici e oscuri della vita, in molti casi senza un accompagnamento adeguato da parte dei genitori e degli educatori.
Questo è avvenuto perché, purtroppo, molti adulti educatori hanno agito e ahimè ancora agiscono come se la loro azione si svolgesse nell’hortus conclusus e si limitano a svolgere, le poche volte che lo fanno, la funzione del seminatore, mentre dovrebbero anche svolgere il ruolo di un giardiniere esperto che aiuta il bambino a selezionare le informazioni e gli stimoli che riceve e a organizzarli secondo un progetto in grado di valorizzare il potenziale umano di cui è portatore.
Come scriveva Buber: «Il mondo genera nell’individuo la persona. Il mondo, cioè tutto il mondo circostante, natura e società “educa” l’uomo: ne suscita le forze, lascia che esse afferrino e compenetrino i suggerimenti del mondo. Ciò che noi chiamiamo educazione, quella consapevole e voluta, significa selezione del mondo agente operata dall’uomo; significa attribuire un potere decisivo ed efficace a una selezione del mondo raccolta e mostrata dall’educatore.
Si ha cura del rapporto educativo sottraendolo alla corrente priva di intenzione dell’educazione universale: curandolo come intenzione. Così solo nell’educatore il mondo diventa il vero soggetto del proprio agire».
Ma questo richiede un educatore in grado di dire all’educando come don Milani “I care”.
L’assenza purtroppo in molte situazioni sociali di forme educative in grado di proteggere i bambini dagli effetti negativi della loro immersione precoce nel mondo ha lasciato a questi un libero campo all’azione il cui risultato è un incremento dei comportamenti devianti e l’abbassamento dell’età in cui vengono compiuti.
Basti osservare, ad esempio, l’incremento in molte aree metropolitane delle baby gang. Questo indica la necessità di una rinnovata progettualità educativa usufruibile anche da chi abita la periferia della società.