«Dopo il fallimento di una seconda guerra mondiale, fin dall’inizio del mio pontificato si sono evidenziati chiarissimi i contorni di una terza, combattuta “a pezzi”, con crimini, massacri, distruzioni, con un livello di crudeltà spaventoso di cui spesso le prime vittime sono civili, vecchi, donne e bambini. Sembra proprio questa la caratteristica fondamentale delle guerre dei contemporanei. Se da sempre chi dichiara la guerra lo fa mandando a morire altri a posto suo, se la guerra si fa «Per il re!» ma poi vi muore il villano, è stata proprio la prima guerra mondiale, la guerra dei nonni, a rappresentare una specie di spartiacque: Dopo di allora, ogni conflitto, dal Medio Oriente ai Balcani, dall’Asia all’Africa, ha visto la stragrande maggioranza delle vittime – addirittura l’80 per cento in questo inizio di XXI secolo – rappresentate dalla popolazione civile.
Ha scritto un inviato di guerra: «Nella guerra contemporanea le cosiddette vittime collaterali ormai sono i soldati». Da quasi tutti i conflitti degli ultimi trent’anni è stato meno difficile uscire vivi indossando una divisa che non, magari la maglietta rossa di un ragazzino.
A essere massacrati erano, e sono, soprattutto gli inermi: uno su tre è un bambino. Quelli che la follia della guerra l’hanno subita.
Altro che eroismo, altro che retorica: la guerra non è che viltà e vergogna al massimo grado. Una vergogna che tutti dobbiamo sentire come nostra, perché è un dramma quando non ci si vergogna più di niente».
Papa Francesco, in Spera. L’autobiografia, pagg. 42-43