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XXXIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

parabola talentiDio ci affida i talenti per mettere in circolo il suo amore

 

– Tutto il Vangelo è un inno alla semplicità; il suo è un continuo richiamo alle piccole cose quotidiane, a quelle che fanno parte della vita dei contadini, pastori, pescatori, madri e padri che crescono figli.

La sua è una teologia che ci mostra le realtà più alte con parole semplici: inserita nelle parabole che parlano di seme gettato nel terreno, di lievito impastato con la farina e di talenti consegnati ai servi, ci rivela il mistero alto dell’amore di Dio.

Ai discepoli è affidato il lavoro attento e intelligente di far germogliare il seme, lievitare la pasta e fruttificare i talenti. E’ Dio che prende l’iniziativa per ogni cosa, a noi il compito di portare a conclusione ogni lavoro da Lui iniziato.

La parabola di oggi ci presenta due tipologie di persone, due modi diversi di intendere la vita: tutto ciò che io sono e ciò che di buono ho ricevuto, li vivo come ricchezza vera e opportunità che mi è stata affidata; oppure, è la seconda tipologia, la mia vita così com’è, con i doni che ho ricevuto, è un peso insopportabile, la mia esistenza è piena di paure e rischi. Gesù ci dice che i primi due servi hanno scelto di vivere la vita come opportunità, per impreziosire di più la loro esistenza: hanno accolto i talenti loro consegnati come occasione per vivere in pienezza e nella gioia la loro vita.

Il terzo servo, invece, ha paura di affrontare l’ignoto, l’incerto, forse teme di essere sconfitto; sicuramente non vuole investire il suo tempo per costruire occasioni che facciano fruttificare il talento che gli è stato affidato. Peccato per lui: non arriva a gustare la bellezza e la pienezza della vita.

La parabola dei talenti, come tutte le altre, è un capolavoro di semplicità e, poiché tale, arriva dritta al cuore, schiarisce la mente e scalda l’animo: chi sono io per Dio? Perché mi affida le sue cose? Anche le più preziose? Perché si fida di me. Allora, cosa posso dare io in cambio per ciò che Lui mi ha affidato? Soprattutto che cosa si aspetta da me?

Se leggiamo tutta la parabola, ci accorgiamo che Dio non rivuole indie­tro i suoi talenti, e nemmeno il guadagno dei servi. Anzi, talenti e guadagno rimangono ai servi; e, come se non bastasse, l’utile è moltiplicato: «Sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto».

No, Dio non rivuole indietro i suoi talenti! Piuttosto, pochi o molti che siano, questi innescano un circuito d’amore donato che il Padre ogni giorno riversa sui suoi figli.

Ciò che Dio mi affida e ciò che da me si aspetta è amore; per poi ridonarmelo moltiplicato. E’ questo circuito d’amore, che c’è tra me e Lui, che innesca altro amore da vivere con altri fratelli.

No, noi non possiamo restituire a Dio semplicemente i talenti che ci ha affidato: ciò significherebbe non metterli in circolo; essi piuttosto devono diventare fonte di vita per noi e per quelli che incontriamo nelle strade del mondo.

Nella parabola dei talenti Gesù ci propone di affrontare la nostra quotidianità con coraggio e speranza, ci invita a spalancare la porta della nostra vita, consapevoli che in noi ci sono i talenti che Dio ci ha affidato; ci invita a liberarci dalla paura che ci blocca nell’azione e ci rende uomini piccoli e meschini, ci invita a camminare con fedeltà per costruire la nostra storia e quella degli altri, ma soprattutto ci invita a non avere paura di Dio.