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Tu sei il Figlio mio, l’amato

«TU SEI IL FIGLIO MIO, L’AMATO»
(Is 40,1-5.9-11; Sal 103; Is 40,1-5.9-11; Lc 3,15-16.21-22)

Insieme con il racconto della Passione, Morte e Risurrezione, quello del Battesimo di Gesù  è il racconto riportato in tutti e quattro gli evangeli e ricordato in altre pagine del Nuovo Testamento. Il che ci fa comprendere l’importanza capitale di questo evento della vita di Gesù, che si presenta come una vera e propria “Teofanìa”, una manifestazione di Dio, e, in particolare una rivelazione trinitaria. Nel racconto infatti, per la prima volta, ed in maniera chiara ed inequivocabile, in questa manifestazione di Dio, vediamo i cieli aprirsi e da lì venire una voce rivolta a Gesù che lo presenta come il Figlio, l’amato, mentre si vede posarsi sullo stesso Gesù una colomba, identificata come lo Spirito Santo. Ci rendiamo conto, però, che Luca è interessato anzitutto alla persona di Gesù, perchè è Lui che ci vuole fare conoscere ed a Lui vuole indirizzare la nostra attenzione.

Dopo gli episodi dell’infanzia, che abbiamo seguito tramite il racconto di Luca, Gesù ci viene presentato subito come un uomo adulto, che ha lasciato il suo paese, Nazaret, per iniziare la sua straordinaria missione. L’inizio della missione di Gesù viene inserito nel contesto della predicazione di Giovanni, che tutti i giudei ormai conoscevano come il “Battezzatore”, a motivo del singolare rito a cui sottoponeva quanti andavano ad ascoltare la sua potente predicazione. Egli invitava alla conversione e al pentimento dei propri peccati, in modo da prepararsi all’incontro con l’atteso Messia. La predicazione di Giovanni aveva suscitato una risonanza così ampia, da creare una diffusa atmosfera di attesa, tanto che, in molti degli ascoltatori e dei discepoli, si era formata l’idea che fosse proprio Giovanni l’atteso Cristo.  Questa attesa ci rivela indirettamente che il tempo annunciato dai profeti stava già per giungere al suo compimento. Giovanni, però, in maniera decisa e molto graziosa, vuole distogliere l’attenzione dalla sua persona, dicendo che lui, in confronto a colui che doveva venire, non era nemmeno degno di slegargli i lacci dei sandali, lavoro che abitualmente veniva svolto dai servi.

Giovanni, quindi, predicava e battezzava. La gente ascoltava, si sentiva toccare il cuore e scendeva nelle acque del Giordano per farsi immergere nelle acque da Giovanni. Con questo rito altamente significativo si voleva esprimere la volontà decisa di liberarsi dai propri peccati, in un atto di purificazione totale, per iniziare una nuova vita, che fosse in tutto e per tutto gradita a Dio. L’acqua che scorre e va via senza tornare indietro fa capire che, quando c’è il pentimento sincero, i peccati vengono completamente dimenticati da Dio, non si riconoscono più. Nello stesso tempo, la nuova acqua che arriva pulita ricorda al peccatore che la sua vita ormai deve scorrere fresca e limpida davanti a Dio. Mentre Giovanni è intento a battezzare, insieme con la gente si presenta anche Gesù, che si immerge in quell’acqua che è carica dei peccati di tutti. Gesù si presenta come uno dei tanti, uno che ha voluto condividere la nostra umana miseria, e, pur essendo santo ed innocente, si confonde con noi peccatori e prende su di sè le nostre debolezze e i nostri peccati. Luca ci racconta l’episodio come se il Battista non si fosse quasi accorto che davanti a lui c’era Gesù. Ci dice infatti che, mentre il popolo veniva battezzato, anche Gesù fu battezzato.

Luca però ci informa che, non appena esce dalle acque, Gesù si mette in preghiera, e, proprio in questo momento di intima comunione con Dio, avviene la grande “Epifania”. Il popolo vive una incredibile e straordinaria esperienza, perchè ad un tratto i cieli si aprono, Dio non è lontano dagli uomini, i contatti con Lui sono pienamente restaurati, perché Colui che sta in preghiera, e sul quale in forma visibile si posa lo Spirito, viene proclamato figlio dalla voce che viene dall’alto dei cieli: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Una espressione densissima, che sintetizza le profezie di Isaia sul Servo di Jahvé, su cui dimora lo spirito di Dio, e ci permette di riconoscere in Gesù l’atteso delle genti, colui che avrebbe portato l’annuncio di pace e di liberazione, ma soprattutto ce lo presenta nella sua identità di Figlio di Dio. Dio Afferma che si compiace del suo Figlio per chè Egli non si discosta dalla volontà del Padre, ma la compie interamente.

Queste parole del Padre oggi sono pronunciate su di noi. Grazie a Gesù, che si è identificato con noi, anche noi abbiamo acquistato il potere e la grazia di essere chiamati figli di Dio, dal momento in cui abbiamo ricevuto “il lavacro di rigenerazione nello Spirito” che ci ha resi creature nuove, donandoci la vita divina. Queste parole di amore Dio continua a ripeterle a ciascuno di noi, anche quando ci dibattiamo nelle onde della menzogna, dell’ira, della gelosia, dell’adulterio; quando siamo preda dell’avidità, dell’indifferenza, della ipocrisia e dell’egoismo, e persino quando sembra che non riusciamo a distinguere più il bene dal male, perchè la sua luce non guida più i nostri passi. Dio continua a chiamarci e a dire a ciascuno di noi: “Tu sei mio figlio, tu sei mia figlia, io ti amo!”. E beati noi se ci lasciamo avvolgere da queste parole per orientare la mostra vita totalmente verso di Lui, proprio come ha fatto il Figlio suo, l’amato, di cui Egli si compiace sempre.

(D. Giuseppe Licciardi) P. Pino