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L'ambivalenza del cuore

“DAL CUORE DEGLI UOMINI ESCONO I PROPOSITI DI MALE”
(Dt 4, 1-2.6-8; Sl 14/15; Gc 1, 17-18.21-22.27; Mc 7, 1-8.14-15.21-23)

L’attualità delle pagine della sacra Scrittura che la liturgia della Parola ci propone questa domenica è veramente impressionante, tanto da farci pensare all’affermazione della lettera agli Ebrei che dice: “la Parola di Dio è viva e penetrante più di una spada a doppio taglio”. Davvero essa penetra il cuore e lo spirito dell’uomo e lo pone di fronte a se stesso, ma soprattutto lo pone di fronte a Dio. La perenne ambivalenza del cuore dell’uomo tra “apparire ed essere”, viene messa impietosamente alle strette, con la conclusione a cui Gesù arriva, che è di una disarmante semplicità e ovvietà: il cuore dell’uomo si trova nel giusto posto, solo quando è capace di compiere le scelte che sono in armonia con il cuore di Dio. Per Gesù, il lavoro spirituale e morale più serio e impegnativo consiste nella tensione continua da parte dell’uomo a tenersi in sintonia con Dio, in modo da riuscire a compiere quello che a Lui è gradito e che corrisponde, di fatto, al vero bene dell’uomo.

Ecco perché ci viene proposta, come prima lettura, una pagina del Deuteronomio, che è una splendida esaltazione della Legge di Dio come norma unica, originaria e autentica della retta condotta dell’uomo e fonte sempre viva della sua saggezza. L’uomo saggio è colui che si lascia guidare dalla Parola di Dio, viva e vera, senza adattarla o storpiarla, per adeguarla alle mode del tempo o sottometterla ai costumi di un popolo, cose che sono solo tradizioni umane create ed ereditate dagli antenati. Le norme e le prescrizioni date da Dio sono frutto della Sua Sapienza e Bontà e della Sua conoscenza del cuore dell’uomo; per questo devono essere osservate in maniera integrale, secondo lo spirito di Santità e di giustizia che le ispira e col quale devono essere accolte e, soprattutto, devono essere messe in pratica. La bontà stessa della legge di Dio rende visibile che Dio stesso è vicino al sua popolo, lo guida, lo accompagna, non lo lascia solo e non lo abbandona.

San Giacomo rincara la dose quando osserva che la parola di Dio, parola di verità che è stata piantata in noi, può portarci alla salvezza, cioè può guidarci e accompagnarci verso la piena realizzazione del nostro essere, solo nella misura in cui la mettiamo in pratica e non rimaniamo solo degli ascoltatori o semplici ammiratori. Occorre lasciarsi coinvolgere. Non l’ascolto superficiale e smemorato di chi si limita ad affermare che essa è buona e giusta, ma poi non la compie, costruisce l’uomo, ma l’agire concreto volto al bene disinteressato per il prossimo. Questa, afferma decisamente San Giacomo, è la “religione pura e senza macchia”. Non le pratiche religiose da sole, ma le opere dell’amore sincero, concreto e gratuito verso il prossimo salvano l’uomo. La religiosità che non sfocia nelle opere dell’amore e della giustizia è vana e illusoria, serve solo da facciata, ma non regge di fronte allo sguardo del Padre. Altro severo invito da parte di Giacomo è quello di non lasciarci contaminare da questo mondo, che poggia sulla falsità e sull’apparenza, sulla violenza e sull’avidità.

Questi insegnamenti ci portano dritto alla pagina del Vangelo, che registra una dura polemica di Gesù con i farisei che si atteggiano a persone religiose e si scandalizzano nel vedere alcuni dei discepoli di Gesù che mangiano tranquillamente senza preoccuparsi di lavare le mani. Una pratica igienica, senz’altro ragionevole e sana, viene elevata a pratica morale, quasi che avere le mani sporche equivalga ad avere il cuore sporco e averle pulite equivalga ad avere il cuore pulito. Si guarda più all’esterno che all’interno, all’apparire più che all’essere, al mostrarsi più che al diventare realmente. Ecco perché Gesù risponde in maniera molto dura ai farisei che lo hanno interpellato criticando il comportamento dei suoi discepoli. E’ un affondo molto deciso e serrato quello di Gesù, che chiama i farisei ipocriti, gente che onora Dio con le labbra, ma che tiene il proprio cuore lontano da Lui. Le tradizioni e le usanze si sono talmente ingrandite e moltiplicate da oscurare la parola di Dio. Così alla fine hanno più peso e importanza queste cose inventate dagli uomini che la Parola di Dio.

La risposta di Gesù si va completando, a mano a mano che Egli si indirizza ai diversi ascoltatori. Ai farisei Gesù rimprovera la loro ipocrisia. Alla folla spiega che il valore morale di una azione o di una parola è dato dall’intenzione buona o cattiva che anima una persona. Non è il cibo a rendere impuro l’uomo, è il cuore che determina la bellezza o la malvagità di una azione o di una parola. Lo sappiamo tutti che una stessa parola, a seconda di come la dici, può ferire o far sorridere. Possiamo dire che ogni parola e ogni azione partono da una radice profonda, che è il cuore dell’uomo. Se il cuore è buono, se non c’è in esso alcuna malvagità, allora il frutto è sano, altrimenti è guasto e cattivo. L’insegnamento diventa più preciso, quando Gesù si rivolge ai discepoli e spiega loro come funzionano le cose dal punto di vista di Dio, che scruta i cuori e le intenzioni dell’uomo. Gesù spiega che quello che bisogna tenere pulito, limpido, buono e retto sono il cuore, perché da esso prende il via l’agire dell’uomo. “I propositi di male –spiega Gesù- escono dal di dentro, cioè dal cuore dell’uomo”.

Nel suo agire l’uomo si interfaccia con se stesso, con gli altri, con le cose e con Dio e tutte queste varie relazioni possono funzionare bene ed essere sane e belle, oppure possono essere distorte e peccaminose: nel rapporto con Dio (superbia, stoltezza, orgoglio); nel rapporto con se stessi (impurità, lussuria, dissolutezza, orgoglio); con le cose (avidità, furto, gola, bramosia, dipendenza); con il tempo (pigrizia, indolenza, accidia, frenesia); con gli altri (adulterio, inganno, calunnia, ira, invidia, gelosia). La parola di Gesù è rivolta con compassione e misericordia a tutte queste miserie e debolezze dell’uomo non per umiliarlo e accusarlo, ma per scendere in esso e sanarlo. Allora, con cuore nuovo, purificato e guarito dalla parola di verità che viene da Lui, ogni uomo potrà servire Dio e vivere in santità e giustizia nei confronti di se stesso, degli altri, dei propri beni, del proprio tempo e dell’intera creazione. Ogni azione e parola dell’uomo diventa così un gesto e una parola di amore di cui Dio si compiace.

Giuseppe Licciardi (P. Pino)