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Dinnanzi al dolore

Dinnanzi al dolore

X Domenica T. O. – Anno C

Vangelo: Lc 7,11-17

la vedova di Naim«In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante».

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Una donna, una madre: è stata moglie, ha perso il marito. Le è rimasto il figlio, sua unica ricchezza, la sola ragione della sua vita. Ha perso anche lui, lo stanno accompagnando alla tomba nel suo ultimo viaggio. La madre è disperata, non le resta più nulla, ha perso tutti i suoi affetti; poco alla volta il suo progetto di vita si è sgretolato, i sogni sono svaniti, la speranza si è spenta. Perché perdere un figlio, che senso ha?  E’ una cosa illogica, fuori da ogni immaginazione: vorrebbe essere lei al posto del figlio.

Quante volte nelle nostre città assistiamo a scene simili. Madri e padri che vedono i propri figli morire: per malattia, incidente o per violenza. Quanto dolore nelle famiglie per una figlia uccisa da chi le diceva di amarla e con la sola colpa di essere donna, fidanzata, bella. “Perché?” Ci ripetiamo tutte le volte che succede. Perché questa violenza su chi è più fragile, indifeso o forse più ingenuo?

Il dolore, la morte dell’uomo non hanno mai una risposta. Non c’è nessun perché alla sofferenza. La Bibbia, però, ci racconta la reazione di Dio dinanzi al dolore umano: «Il Signore disse: Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco, infatti, le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto» (Es 3,7,8). Dio dinnanzi al dolore dell’uomo non sta mai a guardare: interviene, elabora progetti di libertà, si muove in suo favore. Nel Vangelo anche Gesù interviene e lo fa con più prossimità: prova dolore per chi soffre.

Il brano presenta questo incontro meraviglioso tra il dolore dell’uomo e la compassione di Gesù: c’è una strada, ha il sapore del cammino della nostra vita, è attraversata da un corteo, tanti uomini e donne che ogni giorno avanzano nel percorso dell’esistenza. Ha un solo inconveniente: la bara precede il corteo. E’ un corteo di “morte”! La gente sta seguendo la bara; è come se forse tutta morta, senza speranza, senza gioia o futuro. L’evangelista Luca ci vuole dire che la nostra vita è così: noi non ce ne accorgiamo, ma spesso seguiamo cortei di morte. Quando ci trasciniamo nelle nostre giornate vuote, senza senso, senza impegno per gli altri, senza motivazioni che ci entusiasmano o ci riempiono il cuore, senza gioia: noi siamo morti che camminano!

Lo stesso brano ci presenta poi un altro corteo: è capeggiato da Gesù. Questa volta è un corteo di vita, perché è capace di risollevare, di riconsegnare alla vita, alla gente, alla città.

Luca ci racconta che cosa è capace di fare Gesù dinnanzi al dolore: prova compassione, si ferma e tocca l’uomo. Il figlio di Dio dinnanzi al pianto non passa oltre, si ferma e si commuove, si lascia coinvolgere, partecipa dello stesso dolore.

Fermarsi, commuoversi, lasciarsi coinvolgere sembra questa la strada indicataci da Gesù. Tutte le volte che siamo stati capaci di fare questo nei confronti di qualcuno, italiano o straniero, credente o no, abbiamo aggiunto vita alla vita, dato nuova speranza agli altri e costruito un’umanità nuova.

«Poi disse: Ragazzo, dico a te, alzati!» (Lc 7,14.)

Il giovane si mise seduto e cominciò a parlare. Basta la parola di Gesù a farci rialzare, a metterci in piedi, a riconsegnarci alla vita, alla gioia, alla speranza. E non solo: «Si mise seduto e cominciò a parlare» (Lc 7,15). L’incontro con Cristo ci consegna parole nuove da dire e idee illuminanti da condividere, ma anche speranze nuove da spezzare con gli altri.

«Egli lo restituì alla madre» (Lc 7,15)

E restituì il giovane alla madre, alla ferialità della vita, agli affetti e all’amore. Sono queste relazioni che ci rendono vivi, veri ed è in essi che noi troviamo la pienezza dei nostri giorni.

E tutti glorificavano Dio dicendo: è sorto un profeta grande!