Domenica delle Palme

Celebrazione della Domenica Delle Palme

Omelia del Santo Padre Francesco
Domenica, 10 aprile 2022

Sul Calvario si scontrano due mentalità. Nel Vangelo, infatti, le parole di Gesù crocifisso si contrappongono a quelle dei suoi crocifissori. Questi ripetono un ritornello: “Salva te stesso”. Lo dicono i capi: «Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto» (Lc 23,35). Lo ribadiscono i soldati: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso» (v. 37). E infine, anche uno dei malfattori, che ha ascoltato, ripete il concetto: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso!» (v. 39). Salvare se stessi, badare a se stessi, pensare a se stessi; non ad altri, ma solo alla propria salute, al proprio successo, ai propri interessi; all’avere, al potere, all’apparire. Salva te stesso: è il ritornello dell’umanità che ha crocifisso il Signore. Pensiamoci.

Ma alla mentalità dell’io si oppone quella di Dio; il salva te stesso si scontra con il Salvatore che offre se stesso. Nel Vangelo odierno sul Calvario anche Gesù prende la parola tre volte, come i suoi oppositori (cfr vv. 34.43.46). Ma in nessun caso rivendica qualcosa per sé; anzi, nemmeno difende o giustifica se stesso. Prega il Padre e offre misericordia al buon ladrone. Una sua espressione, in particolare, marca la differenza rispetto al salva te stesso: «Padre, perdona loro» (v. 34).

Soffermiamoci su queste parole. Quando le dice il Signore? In un momento specifico: durante la crocifissione, quando sente i chiodi trafiggergli i polsi e i piedi. Proviamo a immaginare il dolore lancinante che ciò provocava. Lì, nel dolore fisico più acuto della passione, Cristo chiede perdono per chi lo sta trapassando. In quei momenti verrebbe solo da gridare tutta la propria rabbia e sofferenza; invece Gesù dice: Padre, perdona loro. Diversamente da altri martiri, di cui racconta la Bibbia (cfr 2 Mac 7,18-19), non rimprovera i carnefici e non minaccia castighi in nome di Dio, ma prega per i malvagi. Affisso al patibolo dell’umiliazione, aumenta l’intensità del dono, che diventa per-dono.

Fratelli, sorelle, pensiamo che Dio fa così anche con noi: quando gli provochiamo dolore con le nostre azioni, Egli soffre e ha un solo desiderio: poterci perdonare. Per renderci conto di questo, guardiamo il Crocifisso. È dalle sue piaghe, da quei fori di dolore provocati dai nostri chiodi che scaturisce il perdono. Guardiamo Gesù in croce e pensiamo che non abbiamo mai ricevuto parole più buone: Padre, perdona. Guardiamo Gesù in croce e vediamo che non abbiamo mai ricevuto uno sguardo più tenero e compassionevole. Guardiamo Gesù in croce e capiamo che non abbiamo mai ricevuto un abbraccio più amorevole. Guardiamo il Crocifisso e diciamo: “Grazie Gesù: mi ami e mi perdoni sempre, anche quando faccio fatica ad amarmi e perdonarmi”.

Lì, mentre viene crocifisso, nel momento più difficile, Gesù vive il suo comandamento più difficile: l’amore per i nemici. Pensiamo a qualcuno che ci ha ferito, offeso, deluso; a qualcuno che ci ha fatto arrabbiare, che non ci ha compresi o non è stato di buon esempio. Quanto tempo ci soffermiamo a ripensare a chi ci ha fatto del male! Così come a guardarci dentro e a leccarci le ferite che ci hanno inferto gli altri, la vita o la storia. Gesù oggi ci insegna a non restare lì, ma a reagire. A spezzare il circolo vizioso del male e del rimpianto. A reagire ai chiodi della vita con l’amore, ai colpi dell’odio con la carezza del perdono. Ma noi, discepoli di Gesù, seguiamo il Maestro o il nostro istinto rancoroso? È una domanda che dobbiamo farci: seguiamo il Maestro o seguiamo il nostro istinto rancoroso? Se vogliamo verificare la nostra appartenenza a Cristo, guardiamo a come ci comportiamo con chi ci ha feriti. Il Signore ci chiede di rispondere non come ci viene o come fanno tutti, ma come fa Lui con noi. Ci chiede di spezzare la catena del “ti voglio bene se mi vuoi bene; ti sono amico se sei mio amico; ti aiuto se tu mi aiuti”. No, compassione e misericordia per tutti, perché Dio vede in ciascuno un figlio. Non ci divide in buoni e cattivi, in amici e nemici. Siamo noi che lo facciamo, facendolo soffrire. Per Lui siamo tutti figli amati, che desidera abbracciare e perdonare. Ed è così anche in quell’invito al banchetto di nozze del figlio, quel signore invia i suoi servi all’incrocio delle strade e dice: “Portate tutti, bianchi, neri, buoni e cattivi, tutti, sani, ammalati, tutti…” (cfr Mt 22,9-10). L’amore di Gesù è per tutti, non ci sono privilegi in questo. Tutti. Il privilegio di ognuno di noi è essere amato, perdonato.

Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. Il Vangelo sottolinea che Gesù «diceva» (v. 34) questo: non lo disse una volta per tutte al momento della crocifissione, ma trascorse le ore sulla croce con queste parole sulle labbra e nel cuore. Dio non si stanca di perdonare. Dobbiamo capire questo, ma capirlo non solo con la mente, capirlo con il cuore: Dio non si stanca di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono, ma Lui mai si stanca di perdonare. Lui non sopporta fino a un certo punto per poi cambiare idea, come siamo tentati di fare noi. Gesù – insegna il Vangelo di Luca – è venuto nel mondo a portarci il perdono dei nostri peccati (cfr Lc 1,77) e alla fine ci ha dato un’istruzione precisa: predicare a tutti, nel suo nome, il perdono dei peccati (cfr Lc 24,47). Fratelli e sorelle, non stanchiamoci del perdono di Dio: noi preti di amministrarlo, ogni cristiano di riceverlo e di testimoniarlo. Non stanchiamoci del perdono di Dio.

Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. Notiamo ancora una cosa. Gesù non solo implora il perdono, ma dice anche il motivo: perdonali perché non sanno quello che fanno. Ma come? I suoi crocifissori avevano premeditato la sua uccisione, organizzato la sua cattura, i processi, e ora sono sul Calvario per assistere alla sua fine. Eppure Cristo giustifica quei violenti perché non sanno. Ecco come si comporta Gesù con noi: si fa nostro avvocato. Non si mette contro di noi, ma per noi contro il nostro peccato. Ed è interessante l’argomento che utilizza: perché non sanno, quell’ignoranza del cuore che abbiamo tutti noi peccatori. Quando si usa violenza non si sa più nulla su Dio, che è Padre, e nemmeno sugli altri, che sono fratelli. Si dimentica perché si sta al mondo e si arriva a compiere crudeltà assurde. Lo vediamo nella follia della guerra, dove si torna a crocifiggere Cristo. Sì, Cristo è ancora una volta inchiodato alla croce nelle madri che piangono la morte ingiusta dei mariti e dei figli. È crocifisso nei profughi che fuggono dalle bombe con i bambini in braccio. È crocifisso negli anziani lasciati soli a morire, nei giovani privati di futuro, nei soldati mandati a uccidere i loro fratelli. Cristo è crocifisso lì, oggi.

Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. Molti ascoltano questa frase inaudita; ma uno solo la accoglie. È un malfattore, crocifisso accanto a Gesù. Possiamo pensare che la misericordia di Cristo abbia suscitato in lui un’ultima speranza e l’abbia portato a pronunciare quelle parole: «Gesù, ricordati di me» (Lc 23,42). Come a dire: “Tutti si sono dimenticati di me, ma tu pensi pure a chi ti crocifigge. Con te, allora, c’è posto anche per me”. Il buon ladrone accoglie Dio mentre la vita sta per finire e così la sua vita inizia di nuovo; nell’inferno del mondo vede aprirsi il paradiso: «Oggi con me sarai nel paradiso» (v. 43). Ecco il prodigio del perdono di Dio, che trasforma l’ultima richiesta di un condannato a morte nella prima canonizzazione della storia.

Fratelli, sorelle, in questa settimana accogliamo la certezza che Dio può perdonare ogni peccato. Dio perdona tutti, può perdonare ogni distanza, mutare ogni pianto in danza (cfr Sal 30,12); la certezza che con Cristo c’è sempre posto per ognuno; che con Gesù non è mai finita, non è mai troppo tardi. Con Dio si può sempre tornare a vivere. Coraggio, camminiamo verso la Pasqua con il suo perdono. Perché Cristo continuamente intercede presso il Padre per noi (cfr Eb 7,25) e, guardando il nostro mondo violento, il nostro mondo ferito, non si stanca di ripetere – e noi lo facciamo adesso con il nostro cuore, in silenzio – di ripetere: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno.




Ripudiare la guerra

C’è bisogno di ripudiare la guerra

Cari fratelli e sorelle!

È passato più di un mese dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, dall’inizio di questa guerra crudele e insensata che, come ogni guerra, rappresenta una sconfitta per tutti, per tutti noi. C’è bisogno di ripudiare la guerra, luogo di morte dove i padri e le madri seppelliscono i figli, dove gli uomini uccidono i loro fratelli senza averli nemmeno visti, dove i potenti decidono e i poveri muoiono.

La guerra non devasta solo il presente, ma anche l’avvenire di una società. Ho letto che dall’inizio dell’aggressione all’Ucraina un bambino su due è stato sfollato dal Paese. Questo vuol dire distruggere il futuro, provocare traumi drammatici nei più piccoli e innocenti tra di noi. Ecco la bestialità della guerra, atto barbaro e sacrilego!

La guerra non può essere qualcosa di inevitabile: non dobbiamo abituarci alla guerra! Dobbiamo invece convertire lo sdegno di oggi nell’impegno di domani. Perché, se da questa vicenda usciremo come prima, saremo in qualche modo tutti colpevoli. Di fronte al pericolo di autodistruggersi, l’umanità comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia.

Prego per ogni responsabile politico di riflettere su questo, di impegnarsi su questo! E, guardando alla martoriata Ucraina, di capire che ogni giorno di guerra peggiora la situazione per tutti. Perciò rinnovo il mio appello: basta, ci si fermi, tacciano le armi, si tratti seriamente per la pace! Preghiamo ancora, senza stancarci, la Regina della pace, alla quale abbiamo consacrato l’umanità, in particolare la Russia e l’Ucraina, con una partecipazione grande e intensa, per la quale ringrazio tutti voi. Preghiamo insieme. Ave Maria…

A tutti auguro una buona domenica e, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.

 
 



Preghiamo per papa Francesco

La preghiera del Mieac per papa Francesco nel IX Anniversario della Sua Elezione

  Il Signore gli dia sempre salute, forza, sostegno e lo conservi a lungo a guida della Chiesa   

Grati a Papa Francesco per la Sua parola e la Sua testimonianza evangelica.




Prima domenica di Quaresima

Papa Francesco all’Angelus

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il Vangelo della liturgia di oggi, prima domenica di Quaresima, ci porta nel deserto, dove Gesù è condotto dallo Spirito Santo, per quaranta giorni, per essere tentato dal diavolo (cfr Lc 4,1-13). Anche Gesù è stato tentato dal diavolo, e ci accompagna, ognuno di noi, nelle nostre tentazioni. Il deserto simboleggia la lotta contro le seduzioni del male, per imparare a scegliere la vera libertà. Gesù, infatti, vive l’esperienza del deserto appena prima di iniziare la sua missione pubblica. È proprio attraverso quella lotta spirituale che Egli afferma decisamente quale genere di Messia intende essere. Non un Messia così, ma così: direi che questa è proprio la dichiarazione dell’identità messianica di Gesù, della via messianica di Gesù. “Io sono Messia, ma per questa strada”. Guardiamo allora da vicino le tentazioni contro cui combatte.

Il diavolo per due volte si rivolge a Lui dicendogli: «Se sei il Figlio di Dio…» (vv. 3.9). Gli propone, cioè, di sfruttare la sua posizione: dapprima per soddisfare i bisogni materiali che sente (cfr v. 3) – la fame –; poi per accrescere il suo potere (cfr vv. 6-7); infine per avere da Dio un segno prodigioso (cfr vv. 9-11). Tre tentazioni. È come se dicesse: “Se sei Figlio di Dio, approfittane!”. Quante volte succede a noi, questo: “Ma se tu stai in quella posizione, approfittane! Non lasciar perdere l’opportunità, l’occasione”, cioè “pensa al tuo profitto”. È una proposta seducente, ma ti porta alla schiavitù del cuore: rende ossessionati dalla brama di avere, riduce tutto al possesso delle cose, del potere, della fama. È questo il nucleo delle tentazioni: “il veleno delle passioni” in cui si radica il male. Guardiamoci dentro e troveremo che sempre le nostre tentazioni hanno questo schema, sempre questo modo di agire.

Ma Gesù si oppone in modo vincente alle attrattive del male. Come fa? Rispondendo alle tentazioni con la Parola di Dio, che dice di non approfittare, di non usare Dio, gli altri e le cose per sé stessi, di non sfruttare la propria posizione per acquisire privilegi. Perché la felicità e la libertà vera non stanno nel possedere, ma nel condividere; non nell’approfittare degli altri, ma nell’amarli; non nell’ossessione del potere, ma nella gioia del servizio.

Fratelli e sorelle, queste tentazioni accompagnano anche noi nel cammino della vita. Dobbiamo vigilare, non spaventarci –  succede a tutti – e vigilare, perché spesso si presentano sotto un’apparente forma di bene. Infatti, il diavolo, che è astuto, usa sempre l’inganno. Ha voluto far credere a Gesù che le sue proposte fossero utili per dimostrare che era davvero il Figlio di Dio.

E vorrei sottolineare una cosa. Gesù non dialoga con il diavolo: Gesù mai ha dialogato con il diavolo. O lo ha cacciato via, quando guariva gli indemoniati, o in questo caso, dovendo rispondere, lo fa con la Parola di Dio, mai con la sua parola. Fratelli e sorelle, mai entrare in dialogo con il diavolo: è più astuto di noi. Mai! Essere aggrappati alla Parola di Dio come Gesù e al massimo rispondere sempre con la Parola di Dio. E per questa strada non sbaglieremo.

Così fa con noi, il diavolo: arriva spesso “con gli occhi dolci”, “con il viso angelico”; sa persino travestirsi di motivazioni sacre, apparentemente religiose! Se cediamo alle sue lusinghe, finisce che giustifichiamo la nostra falsità, mascherandola di buone intenzioni. Per esempio, quanto volte abbiamo sentito questo: “Ho fatto affari strani, ma ho aiutato i poveri”; “ho approfittato del mio ruolo – di politico, di governante, di sacerdote, di vescovo –, ma anche a fin di bene”; “ho ceduto ai miei istinti, ma in fondo non ho fatto male a nessuno”, queste giustificazioni, e così via, una dietro l’altra. Per favore: con il male, niente compromessi! Con il diavolo, niente dialogo! Con la tentazione non si deve dialogare, non bisogna cadere in quel sonno della coscienza che fa dire: “Ma, in fondo non è grave, fanno tutti così”! Guardiamo a Gesù, che non cerca accomodamenti, non fa accordi con il male. Al diavolo oppone la Parola di Dio, che è più forte del diavolo, e così vince le tentazioni.

Questo tempo di Quaresima sia anche per noi tempo di deserto. Prendiamoci gli spazi di silenzio e di preghiera – un pochettino, ci farà bene –; in questi spazi fermiamoci e guardiamo ciò che si agita nel nostro cuore, la nostra verità interiore, quella che noi sappiamo non può essere giustificata. Facciamo chiarezza interiore, mettendoci davanti alla Parola di Dio nella preghiera, perché abbia luogo in noi una benefica lotta contro il male che ci rende schiavi, una lotta per la libertà.

Chiediamo alla Vergine Santa di accompagnarci nel deserto quaresimale e di aiutare il nostro cammino di conversione.

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Dopo l’Angelus

Cari fratelli e sorelle,

in Ucraina scorrono fiumi di sangue e di lacrime. Non si tratta solo di un’operazione militare, ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria. Le vittime sono sempre più numerose, così come le persone in fuga, specialmente mamme e bambini. In quel Paese martoriato cresce drammaticamente di ora in ora la necessità di assistenza umanitaria.

Rivolgo il mio accorato appello perché si assicurino davvero i corridoi umanitari, e sia garantito e facilitato l’accesso degli aiuti alle zone assediate, per offrire il vitale soccorso ai nostri fratelli e sorelle oppressi dalle bombe e dalla paura.

Ringrazio tutti coloro che stanno accogliendo i profughi. Soprattutto imploro che cessino gli attacchi armati e prevalga il negoziato – e prevalga pure il buon senso –. E si torni a rispettare il diritto internazionale!

E vorrei ringraziare anche le giornaliste e i giornalisti che per garantire l’informazione mettono a rischio la propria vita. Grazie, fratelli e sorelle, per questo vostro servizio! Un servizio che ci permette di essere vicini al dramma di quella popolazione e ci permette di valutare la crudeltà di una guerra. Grazie, fratelli e sorelle.

Preghiamo insieme per l’Ucraina: qui davanti abbiamo le sue bandiere. Preghiamo insieme, come fratelli, la Madonna Regina dell’Ucraina. Ave o Maria…

La Santa Sede è disposta a fare di tutto, a mettersi al servizio per questa pace. In questi giorni, sono andati in Ucraina due Cardinali, per servire il popolo, per aiutare. Il Cardinale Krajewski, Elemosiniere, per portare gli aiuti ai bisognosi, e il Cardinale Czerny, Prefetto ad interim del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Questa presenza dei due Cardinali lì è la presenza non solo del Papa, ma di tutto il popolo cristiano che vuole avvicinarsi e dire: “La guerra è una pazzia! Fermatevi, per favore! Guardate questa crudeltà!”.

Saluto tutti voi, romani e pellegrini venuti dall’Italia e da diversi Paesi. In particolare, saluto i fedeli di Concord – California, quelli di diverse città della Polonia e quelli di Cordoba e Sobradiel in Spagna. Saluto la comunità del Seminario Francese di Roma con i familiari; i fedeli di Vedano al Lambro; i ragazzi di Saronno, Cesano Maderno, Baggio e Valceresio, diocesi di Milano, e quelli di Papiano e Cerqueto, diocesi di Perugia. Saluto i Donatori Volontari della Polizia di Stato italiana, come pure i partecipanti al pellegrinaggio in ricordo della mia visita in Iraq, compiuta proprio un anno fa.

Oggi pomeriggio, insieme con i collaboratori della Curia Romana, inizieremo gli Esercizi spirituali. Portiamo nella nostra preghiera tutte le necessità della Chiesa e della famiglia umana. E anche voi, per favore, pregate per noi.

A tutti auguro una buona domenica e un fruttuoso cammino quaresimale! Buon pranzo e arrivederci.




Le risposte di Papa Francesco

Le risposte di Papa Francesco

Dalle risposte di papa Francesco all’intervista di Fabio Fazio, un profondo esame di coscienza e un formidabile programma di vita che chiama in causa tutti: credenti e non….

Prima di lamentarci dei pesi che dobbiamo sopportare, a cosa è bene  pensare?
Se lei va e vede tanta gente che sopporta cose brutte, per cose quotidiane… tanta gente per esempio, per essere attuali, che nella propria debolezza sopportano difficoltà familiari, difficoltà economiche, padri di famiglia che vedono che il salario non arriva a fine mese, e poi con la pandemia (ancora di più), credo che non sarei onesto se io dicessi che io sopporto tanto.

Cosa c’è al primo posto nella mia agenda personale e in quella sociale e politica?
Al primo posto in questo momento, mi spiace dirlo, sono le guerre. La gente è al secondo posto. 
I bambini, i migranti, i poveri, coloro che non hanno da mangiare. Questi non contano, almeno non contano al primo posto.
Con un anno senza fare armi, si potrebbe dare da mangiare ed educazione a tutto il mondo, in modo gratuito.
Lavorare la terra, curare i figli, portare avanti una famiglia, far crescere la società: questo è costruire. Fare la guerra è distruggere. È una meccanica di distruzione.

Da che parte guardiamo?
Quello che si fa con i migranti è criminale. Per arrivare al mare soffrono tanto. Ci sono dei filmati sui lager, e uso questa parola sul serio, lager, nella Libia, lager dei trafficanti. Quanto soffrono nelle mani dei trafficanti coloro che vogliono fuggire… Soffrono e poi rischiano per attraversare il Mediterraneo. Poi, alcune volte, sono respinti, per qualcuno che per responsabilità locale dice ‘No, qui non vengono’; ci sono queste navi che girano cercando un porto, che tornano o che muoiono sul mare. Questo succede oggi.
Noi vediamo tutte queste cose, le vediamo. Vediamo i bambini che muoiono, migranti annegati, le ingiustizie le vediamo anche nei nostri Paesi, ma c’è sempre una tentazione molto brutta, quella di guardare da un’altra parte, non guardare. Con i media vediamo tutto ma prendiamo distanza e guardiamo da un’altra parte. Ci lamentiamo un po’, ‘è una tragedia!’ ma poi è come se nulla fosse accaduto.

Sappiamo sporcarci le mani?
Non basta vedere, è necessario sentire, è necessario toccare. Qui entra la psicologia dell’indifferenza, ‘Io vedo ma non mi coinvolgo, non tocco e vado avanti’.
Se noi guardiamo senza toccare con le nostre mani cos’è il dolore della gente, non potremo mai trovare una soluzione a questo.

Ci prendiamo cura del creato?
Prendersi cura del Creato è un’educazione che dobbiamo imparare                  

Come siamo messi col chiacchericcio?
C’è un’aggressività distruttiva che incomincia anche con una cosa molto piccola ma voglio menzionarla qui: comincia con la lingua, il chiacchiericcio. Se tu hai una cosa contro l’altro o te la mangi te o vai da lui e dilla in faccia, essere coraggiosi, coraggiose. Ma no, è una cosa dolce chiacchierare degli altri e questo distrugge. Sembra un sermone morale ma è una realtà: lì incominciano le guerre, le divisioni.

Ci parliamo con i figli? Con i ragazzi?
La gratuità con i propri figli: giocare con i figli e non spaventarsi dei figli, delle cose che dicono, delle ipotesi, o anche quando un figlio, già più grande, adolescente, fa qualche scivolata, essere vicino, parlare come padre, come madre. 

Quando è possibile guardare dall’alto in basso un’altra persona?
Io posso guardare un altro dall’alto in basso soltanto a rischio di cadere anch’io, per fare un gesto nobile: alzati fratello, alzati sorella. Altri sguardi dall’alto in basso non sono leciti, mai, perché sarebbero sguardi di dominazione, e questo non va bene.

Il perdono è un diritto/dovere?
Tutti noi abbiamo il diritto di essere perdonati se chiediamo perdono. È un diritto che nasce proprio dalla natura di Dio ed è stato dato in eredità agli uomini. 

Perché soffrono i bambini?
Io non trovo spiegazioni a questo. Io ho fede, cerco di amare Dio che è mio padre, ma mi domando: “Ma perché soffrono i bambini?”. E non c’è risposta. Lui è forte, sì, onnipotente nell’amore. Invece l’odio, la distruzione, sono nelle mani di un altro che ha seminato per invidia il Male nel mondo. 
“Perché soffrono i bambini?”, io trovo una sola strada: soffrire con loro.

Conosciamo il capitolo I della “Fratelli tutti”?
In “Fratelli Tutti”, nel primo capitolo, io ho voluto soffermarmi sulle ombre, su quali sono oggi le ombre di questa società. E lì credo di averne descritte la maggioranza, quelle sono le malattie sociali di oggi. Tanta gente, tanti governanti che sono bravi, che hanno buone intenzioni, ma tante volte non sono liberi davanti a questa pressione delle ombre che sono culturalmente oggi nel mondo. Credo che leggendo quel capitolo potremo capire perché c’è questa impotenza politica, tante volte». 

Qual è oggi il male più grande della Chiesa?

Oggi il male più grande della Chiesa, il più grande, è la mondanità spirituale. Una Chiesa mondana. Un grande teologo, il cardinale de Lubac, diceva che la mondanità spirituale è il peggio dei mali che possono accadere alla Chiesa, peggio ancora del male dei Papi libertini. Peggio ancora, dice, peggio ancora. E questa mondanità spirituale dentro la Chiesa fa crescere una cosa brutta, il clericalismo, che è una perversione della Chiesa. Il clericalismo che c’è nella rigidità, e sotto ogni tipo di rigidità c’è putredine, sempre. Queste sono le cose brutte che succedono oggi nella Chiesa, la mondanità spirituale che crea questo clericalismo e che porta a posizioni rigide, ideologicamente rigide, e l’ideologia prende il posto del Vangelo. Sugli atteggiamenti pastorali ne dico solo due, che sono vecchi: il pelagianesimo e lo gnosticismo. Il pelagianesimo è credere che con la mia forza posso andare avanti. No, la Chiesa va avanti con la forza di Dio, la misericordia di Dio e la forza dello Spirito Santo. E lo gnosticismo, quello mistico, senza Dio, questa spiritualità vuota… no, senza la carne di Cristo non c’è intesa possibile, senza la carne di Cristo non c’è redenzione possibile. Dobbiamo tornare al centro un’altra volta: “Il Verbo si è fatto carne”. In questo scandalo della croce, del verbo incarnato, c’è il futuro della Chiesa».

Che significa pregare?
Pregare significa guardare i nostri limiti, i nostri bisogni, i nostri peccati, e dire: “Papà, guardami. Il tuo sguardo mi purifica, mi dà forza