Speciale X Congresso Mieac

N° 3 -2021

Speciale X Congresso Mieac

«Questo numero di Proposta Educativa è interamente dedicato al X Congresso nazionale Mieac, tenutosi a Roma dal 29 al 31 ottobre 2021, presso Casa Betania delle Pie Discepole del Divin Maestro, avendo come filo conduttore il tema: «Educare è rigenerare».
I lavori congressuali hanno preso l’avvio con un sorprendente fuoriprogramma: l’udienza straordinaria che, nonostante i faticosi impegni della giornata dedicata alla visita di alcuni capi di Stato venuti a Roma in occasione del G20, papa Francesco havoluto ugualmente concedere ai partecipanti, in forma del tutto privata, per manifestare, ancora una volta, vicinanza e affetto, ma anche per riaffermare la particolare attenzione con cui segue la questione educativa, oggi così importante e decisiva anche per la trasmissione della fede e l’annuncio del Vangelo. Un’occasione che ha consentito al papa di continuare la riflessione già avviata in occasione di interventi pubblici e diverse iniziative finalizzate alla realizzazione del Patto educativo globale, da lui fortemente promosso e sostenuto, nonostante le difficoltà comunicativeprovocate dalla pandemia.
È toccato al presidente in carica Gaetano Pugliese, assieme al primo presidente del Movimento Vincenzo Lumia, presentare brevemente al Santo Padre il cammino dei trent’anni di vita del Mieac, sottolineando come ogni appuntamento congressuale sia stato sempre vissuto come momento significativo e qualificante per le scelte personali e comunitarie, nel segno della corresponsabilità, e per fare un bilancio onesto delle fatiche sostenute
e dei traguardi raggiunti.
Anche a me, in qualità di direttore responsabile di questa rivista, è toccato il compito di presentare le scelte editoriali e gli ultimi numeri in cui si è cercato di approfondire le tematiche affrontate di volta in volta dal magistero papale, così ricco e profetico, da costituire la bussola sicura per orientare
la vita della chiesa e dei cristiani per i prossimi anni, seguendo la via tracciata dal Concilio.
Dal Santo Padre abbiamo ricevuto l’invito e l’incoraggiamento per un rilancio coraggioso del compito educativo, particolarmente necessario proprio in un periodo cruciale di transizione e di cambiamenti epocali come quello che stiamo vivendo, che richiede una grande capacità di guardare al futuro, scrutando i segni di novità, per osare oltre e scommettere sulle nuove generazioni, tenendo ben presente che l’educazione è il vero motore di un’autentica rigenerazione spirituale, morale, economica e sociale per realizzare una società inclusiva e fraterna.
Temi importanti e decisivi che, successivamente, nel corso del Congresso, sono stati ampiamente sviluppati, grazie alle ricche riflessioni e ai contributi da parte dei partecipanti e degli esperti. Abbiamo avuto la possibilità di sperimentare, ancora una volta, come il Mieac, nato da un’intuizione lungimirante finalizzata a mettere in rete quanti, a diverso titolo, sono chiamati ad occuparsi di educazione, non ha mai perso di vista l’accompagnamento non solo delle nuovegenerazioni, ma soprattutto degli adulti, che non sempre mostrano di sapersi sintonizzare con le attese della società in continuo cambiamento e con le tante crisi che, in questi anni, hanno messo a dura prova anche quei valori che sembravano consolidati e condivisi. Il Movimento ha risposto in modo adeguato, anzi, a volte, è riuscito ad anticipare il manifestarsi di fenomeni che si sarebbero rivelati pervasivi e che avrebbero interpellato l’educazione, sia nei suoi aspetti teorici che sul piano delle strategie e dei metodi: la «società liquida» e l’evaporazione dei valori, la globalizzazione e l’interdipendenza, la frattura tra generazioni, la crisi dell’autorità, la nuova soggettività giovanile, la dimensione interculturale, la crisi delle tradizionali istituzioni educative e il loro scollamento, il difficile dialogo intergenerazionale, le vecchie e nuove povertà socio-educative».

Dall’Editoriale di Franco Venturella

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Ricominciare dall’educazione

N° 1 – 2021

«Ricominciare dall’educazione»

Dall’Editoriale di Vincenzo Lumia: «Serve una cultura della cura per sconfiggere quella dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente.
Promuovere la cultura della cura necessita l’urgenza ormai improcrastinabile di un serio investimento educativo globale, che chiami in causa tutti: la famiglia, la scuola, l’università, la comunicazione sociale, le religioni, la politica, le istituzioni, gli stati.

C’è bisogno, come non mai,  di un’opera educativa innanzitutto sul versante degli adulti, oggi i primi “poveri” di educazione e di conseguenza responsabili in gran parte della povertà educativa che caratterizza le nuove generazioni.

Come adulti dobbiamo avere la consapevolezza ed il coraggio, l’umiltà di reciprocamente “educarci”. Solo a queste condizioni avremo le carte in regola,  l’autorevolezza per un’azione educativa nei confronti di chi è nuovo alla vita e poter innescare processi virtuosi di coeducazione: adulti e giovani insieme per «far progredire l’umanità sulla via della fraternità, della giustizia e della pace fra le persone, le comunità, i popoli e gli Stati… per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente».

Dall’educazione possono e devono venire gli antidoti per evitare mali sempre più pericolosi e vivere questo nostro tempo con l’equipaggiamento adeguato a tutte le dimensioni del nostro essere umani: esistenziale, spirituale, culturale, sociale, economica, politica. Un equipaggiamento che abbia come fulcro la consapevolezza della nostra condizione umana, del fatto di essere persone: “sono per”, “siamo per”. Tanto più abbiamo chiaro questo, tanto più comprendiamo il significato ed il valore della comunità, della solidarietà, dell’interdipendenza, della responsabilità… come pure la fragilità, la precarietà, il limite insiti nell’ essere umani e che ci obbligano a fare i conti, a non sfuggire ai perenni, grandi interrogativi esistenziali e ad allargare l’orizzonte, a ricercare e tendere all’ oltre, senza deliri di onnipotenza, ad accogliere l’altro, fino a giungere al totalmente Altro e, quindi, tornare a considerare che siamo creature, che c’è un Creatore.

E’ necessario  un rinnovato impegno educativo che accompagni le trasformazioni e orienti i cambiamenti, che aiuti  ciascuno a “so-stare” nella crisi, assumendosi fino in fondo le proprie responsabilità, senza appiattimenti, con la consapevolezza dei tempi lunghi che si hanno davanti e la volontà di  finalmente affrontare e dare soluzione alle tante insufficienze, inadempienze, storture, ingiustizie che la pandemia ha evidenziato e ingigantito: “Abbiamo mancato nel custodire la terra, nostra casa-giardino, e nel custodire i nostri fratelli. Abbiamo peccato contro la terra, contro il nostro prossimo e, in definitiva, contro il Creatore”. Non si tratta, pertanto, di  ritornare alla normalità: sappiamo bene, e Papa Francesco costantemente lo ribadisce, che dalla crisi non si esce uguali a prima: come singoli, come comunità, come stati ne usciremo peggiori o migliori. Purtroppo tanti segnali ci inquietano: paura, disorientamento, povertà e disoccupazione crescenti, violenze, individualismi esasperati, razzismi, costellano la cronaca quotidiana a fronte di una classe politica e dirigenziale inadeguata, autoreferenziale, ripiegata su interessi di parte. Con sano realismo dobbiamo tener presente tutto ciò e valorizzare i germi di bene e le tante energie positive presenti, avere il coraggio di osare e sperimentare autentiche relazioni di comunità, fatte di solidarietà, di accoglienza, di fraternità.

Dall’educazione, dalla formazione, dalla cultura devono venire le risorse e le energie necessarie per vincere le paure, per costruire un “noi” senza barriere, esclusioni, ma aperto all’accoglienza, soprattutto dei più poveri ed emarginati, con la consapevolezza di essere non onnipotenti, non onniscenti, non immortali, ma creature fragili, interdipendenti e di appartenere tutti all’unico genere, quello umano: restiamo, pertanto, umani».

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Il nuovo Numero di Proposta Educativa

Il nuovo numero di Proposta Educativa
«Ricominciare dall’educazione»

Vincenzo Lumia: «Serve una cultura della cura per sconfiggere quella dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente.
Promuovere la cultura della cura necessita l’urgenza ormai improcrastinabile di un serio investimento educativo globale, che chiama in causa tutti: la famiglia, la scuola, l’università, la comunicazione sociale, le religioni, la politica, le istituzioni, gli stati.

C’è bisogno, come non mai,  di un’opera educativa innanzitutto sul versante degli adulti, oggi i primi “poveri” di educazione e di conseguenza responsabili in gran parte della povertà educativa che caratterizza le nuove generazioni.

Come adulti dobbiamo avere la consapevolezza ed il coraggio, l’umiltà di reciprocamente “educarci”. Solo a queste condizioni avremo le carte in regola,  l’autorevolezza per un’azione educativa nei confronti di chi è nuovo alla vita e poter innescare processi virtuosi di coeducazione: adulti e giovani insieme per «far progredire l’umanità sulla via della fraternità, della giustizia e della pace fra le persone, le comunità, i popoli e gli Stati… per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente».

Dall’educazione possono e devono venire gli antidoti per evitare mali sempre più pericolosi e vivere questo nostro tempo con l’equipaggiamento adeguato a tutte le dimensioni del nostro essere umani: esistenziale, spirituale, culturale, sociale, economica, politica. Un equipaggiamento che abbia come fulcro la consapevolezza della nostra condizione umana, del fatto di essere persone: “sono per”, “siamo per”. Tanto più abbiamo chiaro questo, tanto più comprendiamo il significato ed il valore della comunità, della solidarietà, dell’interdipendenza, della responsabilità… come pure la fragilità, la precarietà, il limite insiti nell’ essere umani e che ci obbligano a fare i conti, a non sfuggire ai perenni, grandi interrogativi esistenziali e ad allargare l’orizzonte, a ricercare e tendere all’ oltre, senza deliri di onnipotenza, ad accogliere l’altro, fino a giungere al totalmente Altro e, quindi, tornare a considerare che siamo creature, che c’è un Creatore.

E’ necessario  un rinnovato impegno educativo che accompagni le trasformazioni e orienti i cambiamenti, che aiuti  ciascuno a “so-stare” nella crisi, assumendosi fino in fondo le proprie responsabilità, senza appiattimenti, con la consapevolezza dei tempi lunghi che si hanno davanti e la volontà di  finalmente affrontare e dare soluzione alle tante insufficienze, inadempienze, storture, ingiustizie che la pandemia ha evidenziato e ingigantito: “Abbiamo mancato nel custodire la terra, nostra casa-giardino, e nel custodire i nostri fratelli. Abbiamo peccato contro la terra, contro il nostro prossimo e, in definitiva, contro il Creatore”. Non si tratta, pertanto, di  ritornare alla normalità: sappiamo bene, e Papa Francesco costantemente lo ribadisce, che dalla crisi non si esce uguali a prima: come singoli, come comunità, come stati ne usciremo peggiori o migliori. Purtroppo tanti segnali ci inquietano: paura, disorientamento, povertà e disoccupazione crescenti, violenze, individualismi esasperati, razzismi, costellano la cronaca quotidiana a fronte di una classe politica e dirigenziale inadeguata, autoreferenziale, ripiegata su interessi di parte. Con sano realismo dobbiamo tener presente tutto ciò e valorizzare i germi di bene e le tante energie positive presenti, avere il coraggio di osare e sperimentare autentiche relazioni di comunità, fatte di solidarietà, di accoglienza, di fraternità.

Dall’educazione, dalla formazione, dalla cultura devono venire le risorse e le energie necessarie per vincere le paure, per costruire un “noi” senza barriere, esclusioni, ma aperto all’accoglienza, soprattutto dei più poveri ed emarginati, con la consapevolezza di essere non onnipotenti, non onniscenti, non immortali, ma creature fragili, interdipendenti e di appartenere tutti all’unico genere, quello umano: restiamo, pertanto, umani».

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Lasciamoli litigare!

litigi-tra-fratelliDomanda: “Nell’ambito di un conflitto in corso con un fratellino minore, come comportarsi? Fino a che punto insistere sull’autonomia col primo, per quanto necessaria e commisurata a quella determinata fase d’ età?”


 Risponde la prof.ssa Mirella Arcamone

No, non insisterei sul più grande, già normalmente caricato di responsabilità dal contesto familiare.  Spesso senza la piena consapevolezza , pretendiamo un’accelerazione nella crescita di un ‘più grande’ che  invece, sente spesso solo il bisogno di regredire, per tornare, come il piccolo, al centro dell’attenzione.
Al contrario, credo che un conflitto tra fratelli sia quasi sempre costruttivo, educativo, per entrambi.
Discutere, anche animatamente, in un contesto familiare, protetto, dentro la relazione d’affetto, è particolarmente formativo.
Sperimentare il confine, la presenza dell’altro che delimita l’illusione di essere onnipotente, cercare mediazioni, compromessi, risolvere problemi… Cedere, ottenere… Perdere, vincere… Fa crescere.
A livello cognitivo: analizzare la questione, i diversi aspetti, le conseguenze, cause, effetti per ognuno…
A livello emotivo: sperimentare il no, la svalutazione, la frustrazione .. E imparare a superarla. Riconoscere il dolore nell’altro e identificarsi, imparare a dosare le proprie forze e il potere che abbiamo sull’altro.
A livello sociale: riconoscere i bisogni, i diritti dell’altro, condividere spazi e beni, sentire la necessità delle regole per ‘fare la pace’.
Per tutto questo, credo che i genitori debbano piuttosto farsi osservatori, stare affianco, fare piccoli input sulla via della ricerca di una soluzione, quando il conflitto è bloccato. Fare un richiamo razionale, pacato (se è necessario, deciso) , se la forza (non solo fisica) di uno dei due sta prevaricando l’altro…
Gratificare i figli se e quando trovano (o si avvicinano) alla soluzione… Se non riescono, dare loro una pausa di riflessione, tenendoli separati, un po’ a pensare, spiegando chiaramente che non di tratta di una punizione, ma di un tempo di ricerca per rendersi nuovamente capaci di dialogare e interagire con l’altro.




Cellulari in classe

Mi stanno facendo riflettere i casi di cronaca sull’uso e sequestro dei cellulari a scuola, con le reazioni violente di genitori contro i professori. (mi riferisco in particolare all’articolo su Facebook di Famiglia Cristiana, e alle risposte date sul sito di FC alla domanda: ” E’ giusto che i professori sequestrino i cellulari ai ragazzi?”). Il rispetto delle regole è giusto, ma evidentemente non così naturale e condiviso tra scuola e famiglie! Mi domando: Come può un insegnante far comprendere ai suoi studenti l’importanza e il valore di rispettare la regola di non usare il cellulare in classe, basilare norma di convivenza sociale, evitando sia il sequestro sia il permissivismo, e come condividere questa impostazione con le famiglie? Mi sembra un problema concreto che evidenzia molte difficoltà e nodi della relazione educativa tra adulti – genitori, insegnanti- e ragazzi. Grazie
Anna Zenga


 

Risponde la prof.ssa Mirella Arcamone:
 
Cara Anna, 
Quanti stimoli in una sola domanda! 
I nostri ragazzi – e noi stessi!  – sanno fare a meno del cellulare? Del collegamento,  dell’essere online? cioè visibili, “visti”, perciò vivi…?
 
Genitori e insegnanti sono in grado di non arroccarsi nei propri rassicuranti ruoli? Sanno lasciare attacco e difesa… per guardarsi negli occhi e dialogare di ragazzi, di vita, di paure e sogni, di sballo e di progetto…
 
Ma la questione centrale che poni è forse quella delle regole.  E mi viene in mente il bel libro di Gherardo Colombo, che ti consiglio: Sulle regole.
Le regole – quelle “uguali per tutti “- le hanno fatte i poveri e i deboli perché le rispettassero anche i forti. Andrebbe spiegato ai ragazzi  (o forse scoperto insieme). Senza, sono i forti ad avere la meglio, a spadroneggiare. Non a caso i dittatori fanno leggi e le disfano a piacimento e in ogni consesso  i potenti si arrogano il diritto di cambiare le leggi secondo i propri interessi. Siamo in una questione cruciale per la stessa vita democratica.
 
Forse… lavorando così, aiutiamo i ragazzi a scoprire che limiti ragionevoli, condivisi,  compresi,… sono magari ugualmente faticosi, ma consentono al gruppo  (alla classe,  alla società. ..) di con-vivere in maniera più giusta, più uguale, persino più bella, armonica. 
È chiaro che per un percorso così non basta la sanzione, necessitano adulti capaci di mettersi in gioco, di dare ragione delle regole, che si sforzano di essere anch’essi coerenti. 
Nella scuola poi le materie diventano strumento privilegiato per questa scoperta. Senza regole infatti non c’è convivenza civile,  ma non si tira su neanche un palazzo.