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Volete andarvene anche voi?

«VOLETE ANDARVENE ANCHE VOI?»
(Gios 24, 1-2a.15-17.18.b; Ef 5, 21-32; Gv 6, 59-69)

La liturgia della Parola ci presenta oggi due scene drammatiche e intense, che sono collegate l’una con l’altra da un tema comune: la scelta che ogni credente deve compiere in prima persona nei confronti di Dio. L’incontro con Dio, pur se radicato nella storia, rimane un fatto personale. La prima scena è collocata a Sichem, dove Giosuè, giunto al termine della sua missione, convoca tutto il popolo e i capi del popolo e li provoca a compiere una scelta chiara e senza ambiguità: «Chi volete scegliere come vostro Dio?» Divinità che non hanno niente a che fare con la vostra vita e con la vita dei vostri antenati, dei che sono per voi del tutto sconosciuti, ma che forse vi affascinano perché meno esigenti e perché venerati dai vostri vicini? Oppure Jahvé, il Dio che ha voluto legare se stesso alla storia della vostra famiglia e del vostro popolo? Che si è preso cura di voi, a partire dalla liberazione dalla schiavitù degli egiziani, dal dono della santa Legge e, recentemente ancora, dal dono di una terra dove voi potete vivere come persone libere e come suo popolo?

Al termine del suo discorso, come saggia guida del popolo, Giosuè fa la sua scelta, offrendo così un esempio chiaro e sicuro: «Io e la mia famiglia serviremo il Signore!». Ogni persona e ogni famiglia sono libere di fare la sua scelta, trovando le giuste motivazioni. Giosuè non impone ad alcuno la sua scelta, ma fa capire che c’è solo da prendere atto che non si può andare avanti senza una direzione, a casaccio, in balia delle proprie emozioni o delle proprie passioni. Occorre prendere in mano la propria vita e fare una scelta. Così anche il popolo sceglie, riconoscendo in Jahvé il Dio dei suoi padri, della sua storia, della sua vita e quindi scegliendo di voler continuare a servirlo. La risposta suona chiara e limpida: «Anche noi serviremo il Signore, perché Egli è il nostro Dio». Bellissima e radiosa questa risposta, che traduce una scelta radicale della propria vita. La nostra fede personale non può nascondersi dietro una tradizione o dietro pratiche che non hanno niente a che fare con la nostra interiorità, ma servono solo a mostrare la facciata.

La nostra fede esige una adesione personale a Dio. Anche se invisibile, Egli è presente. Anche se misterioso, Egli è sempre a nostro favore. Anche se incomprensibile nel suo agire, non cessa mai di avere a cuore la vita e la storia personale di ciascuno di noi. Se Egli si è impegnato con noi, occorre  che a nostra volta ci fidiamo di Lui e ci impegniamo per Lui, con verità e determinazione, senza pentimenti o colpi di coda, costi quel che costi. Importante è cominciare con entusiasmo e con cuore indiviso. Anche se sappiamo che ogni nostra scelta ha bisogno di essere rinnovata ogni giorno, perché può incontrare momenti duri di difficoltà, di stanchezza, di debolezza, di ripensamento, di ribellione. La scelta che abbiamo fatto, anche se con consapevolezza e serietà, non garantisce automaticamente la riuscita e la perseveranza in essa. Ogni giorno siamo chiamati a rinnovare il nostro impegno  di seguire il Signore e a rispondere alla decisiva domanda di fondo: «Sceglietevi oggi chi volete servire», chiedendo la grazia di saperci mantenere fedeli alla scelta compiuta. E la scelta va compiuta sempre “oggi”.

Anche nella scena del Vangelo ci troviamo di fronte ad una scelta improrogabile. Il discorso sul pane di vita, che Gesù vuole offrire a quanti credono in Lui, è giunto ormai alle battute conclusive. É una scelta decisiva quella che Gesù propone: o accogliere in pieno la sua parola con tutto quello che essa comporta o tirarsi indietro, rifiutandola. Non si può restare neutrali. Già i Giudei avevano affermato chiaramente di non riuscire a capire il discorso di Gesù, ritenendolo del tutto inaccettabile. Adesso è la volta dei discepoli, di coloro che hanno cominciato a seguire Gesù. Ma il sentirsi dire che per avere la vita eterna devono mangiare la sua carne e bere il suo sangue li irrita: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Ed è amaro costatare che sono molti questi discepoli che ritengono intollerabile questo discorso. Se Gesù pretende di essere accettato fino a questo punto, essi non possono più andare con Lui. Così questo gruppo di discepoli fa la sua scelta, come ci testimonia con amarezza Giovanni: «Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con Lui».

Ma c’è ancora la cerchia più intima, quella dei Dodici. Anche per loro le parole di Gesù sono dure e difficili da capire e da accettare. Tuttavia essi fanno un atto di fiducia totale e incondizionata. Essi sono stati scelti, ma a loro volta hanno scelto. In quante occasioni anch’essi non capiscono chi è il loro Maestro! Quante volte rimangono frastornati dai suoi insegnamenti, si irrigidiscono e non accettano quello che Gesù dice, quando parla di umiliazione, di servizio, di dare la vita per gli altri, di mettersi all’ultimo posto, di perdonare i propri nemici! Persino dopo la Risurrezione erano ancora pieni di dubbi e in loro riaffiora il desiderio di un regno di tipo umano e temporale. Per Gesù quello è un momento altamente decisivo e comporta una scelta fondamentale. Ecco perché si rivolge drasticamente proprio a essi con una domanda che trafigge il loro cuore e lo provoca a prendere posizione: «Volete andarvene anche voi?». Gesù esige una risposta. Non possono stare con Lui se non si fidano di Lui, se non sono disposti a prenderlo in parola, senza esitazione e senza sottintesi.

Non a convenienza o a seconda dei casi, ma in blocco, totalmente. Di fronte a Gesù c’è una sola scelta: prendere o lasciare. E, proprio in questo momento, posti di fronte alla scelta decisiva, se continuare a seguire Gesù o andarsene via anche loro, i Dodici fanno la loro scelta. É una scelta di fede. A nome di tutti Pietro dà la sua risposta, una risposta piena di passione, ma che rivela come in Gesù essi hanno posto tutta la loro fiducia, hanno giocato la loro vita su di Lui: «Signore, da chi andremo?». Hanno intuito e sentono dentro se stessi che la loro vita diventerebbe vuota e senza senso se venisse a mancare Gesù, che senza di Lui si sentirebbero smarriti e disorientati, vuoti. Gesù è diventato Colui che dà ragione e sostanza alla loro vita. Così, a partire da questo primo interrogativo, denso di timore e di smarrimento, finiscono per aprirsi a quella bellissima e stupefacente professione di fede e di amore, che ancora oggi tutti i veri credenti, in piena sintonia con l’Apostolo Pietro, ripetono: «Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)