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Vigilanza

Vigilanza

I Domenica di Avvento – Anno A
Vangelo di Mt 24,37-44

avventoIn quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.

Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».


La prima Domenica di Avvento è un richiamo alla ciclicità del tempo. Per noi cristiani, infatti, questa domenica costituisce da sempre un nuovo inizio. Anzi si tratta, più precisamente, di un inizio nuovo. Siamo persuasi che questa ciclicità del tempo, richiamata dall’Anno Liturgico cristiano, infatti, non è sinonimo di ripetitività, come nella teoria dell’“eterno ritorno” nietzschiano di matrice ellenica nel quale i giorni e gli eventi si ripetono in maniera uguale a se stessi, ma è più simile ad una spirale dove la stessa ciclicità si muove verso un complimento ultimo. Questo significa praticamente che i giorni e gli eventi non si ripetono sempre uguali, ma portano nel loro grembo una novità che li rende sempre diversi. Attraverso questa apparente ripetitività, dunque, abbiamo la possibilità da un lato di sperimentare la fedeltà di Dio per ciascuno di noi, dall’altro di esercitare la nostra fedeltà a Lui, a noi stessi e alla storia. Troppo spesso gli uomini e le donne del nostro tempo sono spaventati dalla ripetitività delle cose, talvolta infatti sono alla ricerca di pratiche o situazioni che li aiutino ad evadere e a vivere esperienze ed emozioni sempre nuove. Per molti poi evadere significa rifugiarsi anche in realtà che fanno perdere il senso del reale alla ricerca di una felicità effimera e quindi a breve durata. Da sempre però il cristianesimo si è pensato dentro il tempo e lo spazio; anzi i cristiani hanno sempre vissuto il tempo e lo spazio come il luogo dell’incontro con il Dio vivente. Dobbiamo dunque riconoscere anche in questo tempo nuovo che si apre davanti a noi, lo spazio dello spirito in cui il nostro Dio vuole incontrarci, vuole parlare alla nostra vita, vuole condurre la nostra esistenza verso il suo compimento.
Ma cosa ci permette di vivere tutto questo? Cosa ci consente di stare in questa ciclicità sapendone custodire la novità che in essa vi è inscritta? Cosa ci allontana da quella noia mortifera che la ripetitività del tempo potrebbe causare? La risposta ci viene proprio dal Vangelo di questa prima Domenica di Avvento. Siamo nell’ultima parte del Vangelo di Matteo, e Gesù sta rispondendo alla domanda dei discepoli sulla venuta il Figlio dell’Uomo (Mt 24,3). Nel tentativo di dare una risposta sapienziale a questo problema teologico, Gesù richiama alla memoria dei suoi interlocutori il tempo di Noè, nel quale non tutti si accorsero dell’arrivo del diluvio. Gesù sfrutta questo episodio biblico per spostare il problema dal quando al come avverrà quella venuta, e su come, di conseguenza, ci si deve preparare. Il segreto per vivere il tempo che ci divide da quella venuta, che, come ricordato sopra darà compimento al tempo, sta nella vigilanza. Questo atteggiamento dice l’essere consapevoli della propria vita, delle proprie relazioni, delle proprie azioni in un continuum che non prevede salti ed evasioni a buon mercato. La vigilanza secondo il Vangelo non è neppure un atteggiamento episodico da vivere in determinati momenti della giornata o in periodi particolari dell’anno, ma è qualcosa da coltivare nello svolgersi concreto delle nostre giornate. La vigilanza s’impasta con il nostro lavoro quotidiano, con le nostre relazioni, con i luoghi della nostra vita, con gli eventi che intessono la storia dell’umanità. Nella vigilanza troviamo il segreto di una vita vissuta sapendo coniugare ripetitività e gioia. Il Dio dell’ora inedita, che si paragona ad un ladro che arriva quando il padrone di casa non se l’aspetta, ci invita a vivere il tempo in pienezza: in questo tempo si gioca la nostra salvezza, la salvezza dell’uomo. Una nuova creazione ha inizio!

Don Michele Pace