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Vegliate, pregando

«VEGLIATE IN OGNI MOMENTO PREGANDO»
(Ger 33, 14-16; Sal 24; 1Ts 3,12-4,2; Lc 21, 25-28.34-36)

Inizia il nuovo anno liturgico, durante il quale saremo accompagnati dall’evangelista Luca, un uomo che si é lasciato conquistare dalla persona di Gesù attraverso l’ascolto dei discepoli che predicavano la Via. Probabilmente, il primo impatto che stiamo avendo con Luca, attraverso questa pagina di Vangelo, non sembra essere il più rassicurante. Ma se l’ha accolta lui, senza perdere l’entusiasmo della fede abbracciata e vissuta con coerenza e convinzione, vuol dire che anche per noi questa pagina di Vangelo ha qualcosa di particolare da suggerirci. In questo tempo di “tenebra ed ombra di morte”, si accende per noi una fiammella di speranza che rifiuta di spegnersi, perché ostinatamente vuole illuminare il nostro cammino. Non è senza motivo che lo chiamiamo “vangelo”, perché è “lieto annuncio”, “notizia di gioia”. Le immagini apocalittiche di eventi catastrofici, che descrivono la fine del mondo, ci parlano di distruzione, di morte e di sconvolgimento dell’universo, con la conseguente paura e angoscia che invadono il cuore degli uomini.

In questo terrificante scenario, però, ecco che si affaccia una luce: “Il Figlio dell’Uomo che viene sulle nubi del cielo con potenza e gloria”. Torna prepotente una immagine che Gesù stesso ha usato, cercando di farci comprendere come la vita passa attraverso la morte e dalla sofferenza scaturisce la gioia più inattesa e più grande: Gesù ha usato l’immagine della donna che vive le doglie del parto, tuttavia quelle doglie producono la gioia di una nuova vita che comincia a fiorire. Quanti hanno vissuto gli orrori della guerra, quanti ancora oggi vivono nei paesi dove la guerra continua a seminare distruzione e morte sanno che in queste situazioni il cuore dell’uomo è preso dal terrore e dall’angoscia e non da spazio a pensieri di speranza. Lo stesso vale per la situazione deprimente che viviamo oggi, senza più certezze di futuro per milioni di giovani e meno giovani, che non sono in grado di guardare al domani, perché non riescono a vedere nulla nell’oggi disperato che vivono. Credo che le immagini tremende descritte dal Vangelo si prestano pure alla lettura di questo momento storico che stiamo vivendo, ma nello stesso tempo ci danno una indicazione su come reagire per uscirne fuori senza restare sopraffatti.

Il primo annuncio, infatti, sembra un potente grido di speranza, che viene a scuoterci con forza da questa situazione di morte: «Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». Altro che sepoltura di ogni speranza! Qui viene annnunziato l’avvento di una nuova realtà, una realtà in cui, finalmente, l’uomo comincerà a poter gustare i frutti di liberazione che Gesù é venuto a seminare in questo mondo. Gli eventi dolorosi di paura e di sofferenza ci prostrano e ci fanno piegare la testa, impedendoci di guardare in alto e davanti a noi. Gesù ci grida di non lasciarci prendere dal panico e di non aver paura, viene ad infonderci un nuovo coraggio e una nuova forza per andare avanti, nella paradosso della logica biblica che è quella di “sperare contro ogni speranza”. Quando tutto sembra finito, ecco che si apre un nuovo inizio. Quando non c’è più nulla da fare, ecco che si presenta una nuova possibilità. Ma occorre mettersi in piedi, come colui che è pronto a proseguire il cammino; occorre alzare il capo, come colui che vuole vedere la strada che si va aprendo davanti a lui, per poterla percorrere, e con rinnovata fiducia.

Colui che è passato attraverso le tenebre della morte è davanti a te per indicarti il cammino. Ancora una volta, anche se in forma assai debole, la luce ti lascia intravvedere che c’è una strada aperta. Ma perché questa fiammella che si è accesa nel cuore continui a risplendere, Gesù ci ha indicato degli atteggiamenti da coltivare dentro di noi, pena il fallimento di questo nuovo inizio. Sono essenzialmente due: vigilanza e preghiera. Il primo atteggiamento è quello della vigilanza, cioè la capacità di saper tenere gli occhi aperti e non lasciarci ingannare da tante false e illusorie alternative che vogliono distoglierci dal nostro cammino. Con espressioni molto sintetiche, ma chiaramente allusive, Gesù parla di “dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita”. Le dissipazioni sono tutte quelle realtà che tendono ad allontanare il nostro cuore dal suo vero centro e lo dirottano in mille direzioni, facendogli rincorrere mille miraggi, ma lasciando sempre il suo cuore vuoto e disabitato. Le ubriachezze sono quelle realtà marginali che sembra riescano a colmare il cuore dell’uomo e fargli assaporare la gioia e la felicità, ma che poi svaniscono in un baleno lasciandogli una fame ancora più grande e insaziabile e una sensazione di vuoto incolmabile.

Pensiamo alla ricerca del piacere, del godimento, del potere, della fama e di tutte le cose effimere, che pure esercitano un fascino irresistibile sul cuore dell’uomo. Ed infine gli affanni della vita, cioè tutte le preoccupazioni per il domani, per la salute, il lavoro, la famiglia, la sicurezza economica ed affettiva, che rischiano di farci dimenticare quello che Gesù ci insegna sulla fiducia nella Provvidenza e che un salmo riassume in una espressione bellissima: “Affida al Signore la tua via, confida in Lui ed Egli agirà” (Sal 37, 2). Il secondo atteggiamento che ci viene suggerito è quello di pregare ogni momento, cioè di tenere il nostro sguardo costantemente rivolto al Signore, in modo che i nostri pensieri, i nostri sentimenti e le nostre azioni siano in piena sintonia con Lui. Questo, e soltanto questo, ci consente di poter andare incontro al Signore non con la paura di chi deve presentarsi di fronte a un giudice che lo condannerà, ma con l’intenso desiderio e la gioia di chi va incontro all’amato del suo cuore.

Giuseppe Licciardi (P. Pino)