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Coltivare l'umano

Coltivare l’umano capace di futuro
Nuovi sguardi per l’educazione

(Il nuovo numero di Proposta Educativa)

 

copertina_PE-2-3_15(Vincenzo Lumia) Coltivare l’umano, farlo trasparire nelle scelte e nelle azioni concrete, quotidiane… ampliarlo per un presente ed un futuro all’insegna della centralità di ogni persona, soprattutto e innanzitutto della persona povera, indifesa, scartata, umiliata e offesa.
Dire futuro significa, in primo luogo, scommettere sulla sua possibilità di esserci nonostante le guerre in atto, le violenze frutto dei mai sopiti fanatismi religiosi e razziali, gli stermini, gli esodi e le migrazioni di intere popolazioni, i continui attentati all’ambiente, un progresso più persuaso allo sterminio che non al miglioramento della qualità della vita e alla salvaguardia del creato.
Di conseguenza, occorre adoperarsi perché il futuro sia frutto di scelte cultuali, politiche, economiche dalle quali finalmente emerga chiaramente che ciascun essere umano debba essere considerato “prezioso” in sé, con dignità piena in ogni stato della vita, qualunque sia la sua condizione e, pertanto, “fine” e mai mezzo di cui servirsi e da sacrificare sull’altare della “ragione” di mercato, dell’ideologia, del potere, della tecnocrazia.
Il nostro impegno, insomma, è per un futuro a misura d’uomo, rispettoso della casa comune, segnato da un’ecologia globale e da governance nazionali ed internazionali partecipate e trasparenti, che abbiano come principio il bene comune e la giustizia tra le generazioni.
Un tema, quindi, quello dell’ospitalità, dell’umano, del futuro che va fatto diventare percorso esistenziale, educativo e culturale a forte valenza civile, sociale e politica… oltremodo necessario in un tempo in cui paure, individualismi, chiusure, razzismi fanno da padroni, alimentati da un analfabetismo funzionale dei più e da una propaganda tanto meschina, quanto pericolosa dei soliti noti politicanti… in un silenzio assordante della politica – nazionale, europea, internazionale – incapace di scelte adeguate e un’assenza sostanziale della cosiddetta società civile che non sa andare oltre lo sdegno e la retorica, perlopiù virtuali, o gesti isolati ed eventi sull’onda dell’emotività.

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