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L'uomo non divida quello che Dio ha congiunto

«L’UOMO DUNQUE NON DIVIDA QUEL CHE DIO HA CONGIUNTO»
(Gen 2,18-24; Eb 2,9-11; Mc 10,2-16)

Nel cammino verso Gerusalemme, che lo porterà fino al Calvario, Gesù affronta un discorso assolutamente fuori moda, o accettato solo a livello teorico, lasciando che la realtà quotidiana segua il suo corso. Ma anche ai tempi di Gesù questo discorso era quanto più d’inaudito si potesse affermare, perché per gli ebrei il divorzio era una prassi collaudata da secoli, prevista nella legge di Mosè. Quindi, se i farisei vanno da Gesù per chiedergli un parere sulla liceità del ripudio, non è perché non conoscono la legge o non sanno qual è il costume abituale, ma perché vogliono mettere in imbarazzo Gesù. Infatti c’erano due differenti tendenze presso gli uomini di legge del tempo, una più rigorista e l’altra più di larghe maniche. La prima esigeva che per poter dare il ripudio ci dovesse essere una ragione molto seria, quale, ad esempio, l’adulterio manifesto. L’altra corrente, più maschilista, invece affermava che bastasse una ragione qualsiasi, per cui il marito era disgustato della moglie, per essere autorizzato a mandarla a casa.

Come al solito, Gesù non sta ai giochetti degli scribi e dei farisei e sposta il tiro del discorso. I farisei si interrogano sulla liceità o meno del divorzio, Gesù invece si interroga se questo corrisponda al progetto di Dio. Infatti, prima di dare la sua impensabile risposta, Gesù rivolge loro una contro domanda, che magari li avrà fatti sorridere: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». La domanda di Gesù è molto sottile, perché non parla della legge di Dio, ma afferma che si tratta di ordinamenti introdotti da Mosè. Per i giudei, tutto quello che era scritto nella legge veniva da Dio. Gesù invece distingue tra leggi umane e legge divina. I farisei affermano candidamente che Mosè aveva permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiare la propria moglie. Il ripudio quindi era a senso unico. Solo agli uomini era consentito ripudiare la propria moglie. Nella sua risposta Gesù fa saltare entrambi i presupposti, sia quello legale, sia quello maschilista, ristabilendo il primato di Dio da una parte e la parità di diritto tra l’uomo e la donna dall’altra, perché entrambi sono “carne della mia carne e osso delle mie ossa”.

Gesù si rifà alla pagina della Scrittura sulla creazione dell’uomo e della donna e invita i farisei a riflettere sul progetto originario di Dio e sulla volontà di Dio riguardo al matrimonio. Ci sono due punti che Gesù mette in risalto. Il primo riguarda il distacco radicale dalla famiglia di origine, che non è certamente un rifiuto, ma l’affermazione della novità che si stabilisce una volta che l’uomo e la donna si uniscono nel matrimonio. Il distacco dallo stile di vita precedente, quello di essere legato a una famiglia e quello di essere singolo, sono due realtà che devono essere superate dal nuovo stato di vita che l’uomo assume legandosi alla donna che diventa sua moglie e con la quale, nel matrimonio, diventa “una sola carne”. Questo è il secondo aspetto che viene messo in evidenza da Gesù. Interessante quel “diventeranno una sola carne”, perché aiuta a capire che il progetto di Dio si deve coniugare con l’azione dell’uomo (maschio e femmina) che è chiamato a realizzarlo, e questa attività dell’uomo si va realizzando nel tempo e coinvolge l’uomo nella sua totalità, spirito, anima e corpo.

La conclusione a cui arriva Gesù si trova nella stessa pagina della Scrittura: «Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Non è questione di posso o non posso farlo, perché questo ci riporta a una visione legalistica e riduttiva dell’impegno morale. Gesù vuole mantenere alta la meta, ribadendo quello che è il progetto di Dio. Non abbassa l’obiettivo, ma ci invita a mirare in alto, perché l’uomo è chiamato a dare il meglio di sé. Gli stessi apostoli rimangono contrariati da queste affermazioni decise di Gesù. Non se lo aspettavano proprio. Gesù va sempre controtendenza, non segue le mode dei tempi, perché intende seguire con chiarezza solo la volontà del Padre suo. Così, arrivati a casa, tornano a interrogarlo sullo stesso argomento, perché fanno fatica a seguire il discorso di Gesù. Ma anche a casa Gesù non solo ribadisce il discorso, ma lo radicalizza, dicendo con chiarezza come la vede Lui, che è “molto più di Mosè”. Quello che gli uomini chiamano lecito Gesù lo chiama adulterio. Non solo, ma questo riguarda sia l’uomo che la donna, perché hanno la stessa dignità davanti a Dio.

E quindi la stessa responsabilità. La legge morale, o per dirla meglio, la chiamata di Dio verso la perfezione è cogente per l’uomo e per donna, perché entrambi sono stati fatti a immagine e somiglianza di Dio. Ma Gesù non è un legalista e nemmeno è venuto per giudicare e condannare. Gesù è venuto a ricordare all’uomo l’altezza straordinaria della sua vocazione, invitandolo a non tirarsi indietro di fronte a questa sfida. Ma nello stesso tempo Gesù conosce l’uomo nella sua debolezza e nella sua oscura inclinazione al peccato. Per questo ha perdonato la donna adultera e non si è sentito di condannarla. Come dice la Scrittura, il cuore dell’uomo è un abisso, chi lo può scandagliare? Gesù non vuole che diventiamo dei legalisti o che facciamo della legge di Dio un’arma per giudicare e condannare il prossimo. Ci mette in guardia, con comprensione e compassione, di fronte alla cruda realtà, che riguarda tutti noi e non soltanto gli altri: «Per la durezza del vostro cuore». Ecco il problema di fondo che siamo chiamati a valutare bene e ad affrontare con misericordia e realismo.

Giuseppe Licciardi (p. Pino)