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La tempesta sedata

La tempesta sedata

«Maestro, non t’importa che siamo perduti?»
(Gb 38,1.8-11; Sal 106; 2Cor 5,14-17; Mc 4,35-41)

            Se nella Scrittura cerchiamo un simbolo delle potenze del male che minacciano la vita dell’uomo, ebbene, le violente onde dell’oceano in tempesta sono quelle che lo dicono nel modo più espressivo. Il mare evoca tutte le paure e le minacce contro cui gli uomini si sentono impotenti. La stessa Scrittura ci dice però che queste potenze del male stanno sotto il dominio di Dio, tanto che il libro di Giobbe ci descrive Dio che mette ordine al potere caotico delle onde e gli assegna dei confini oltre i quali non deve andare. Nel Vangelo, Marco ci racconta in toni drammatici la paura degli apostoli di essere inghiottiti dalle onde e l’intervento autorevole di Gesù che con la sua parola fa tacere i venti e calma le onde del mare. Questo breve ma intenso racconto di Marco,  è denso di contenuto che si esprime attraverso immagini e particolari descrittivi il cui significato va ben oltre il ricordo di un evento che Pietro ricorda ancora vividamente.   Marco, attraverso questo episodio, vuol dare ai cristiani di Roma, ed ai cristiani di tutti i tempi, una chiave di lettura per comprendere e vivere nella fede le loro vicende.

            Il Vangelo inizia notando che già era venuta la sera, e Gesù se ne stava ancora sulla barca, dalla quale aveva parlato per essere visto e udito meglio dalla gente che se ne stava sulla riva. Dopo una giornata intensa di insegnamenti e di incontri con la gente, Gesù da un comando strano ai discepoli: “Passiamo all’altra riva”. Essi si trovano a Cafarnao, quindi a casa, e sarebbe stato più logico scendere dalla barca e rientrare a casa. Gesù invece comanda di passare nella regione di Gerasa, dove non conoscono nessuno. Gli apostoli congedano la folla e prendono con loro Gesù, così com’è. Questa nota non la dobbiamo dimenticare. Il racconto prosegue descrivendoci Gesù talmente stanco da addormentarsi, a poppa, su un cuscino. Ma poco dopo, quando l’oscurità si fa più fitta, ecco che si scatena  una tempesta così violenta che gli apostoli, pur essendo esperti pescatori, ne sono impauriti, perché le onde minacciano di farli andare a fondo. E Gesù continua a dormire. Essi allora lo svegliano bruscamente, gridandogli tutta la loro paura: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?”.

            Gesù si alza e con grande calma ed autorità minaccia il vento e sgrida il mare, alla stessa maniera con cui agiva contro gli spiriti immondi: “Taci, calmati!”, e la tempesta si trasforma in grande bonaccia. Ma dopo aver riportato la calma, si rivolge ai discepoli e dice loro: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. Ma i discepoli hanno appena esperimentato la presenza misteriosa di Dio, che è colui al quale il vento ed il mare obbediscono. E questo era avvenuto proprio al comando del loro Maestro, tanto che si chiedono subito: “Chi è costui al quale anche il vento ed il mare obbediscono?”. Si tratta di un evento grandioso di rivelazione, con cui Gesù vuole preparare i suoi amici a riconoscere la sua vera e profonda identità ed a fidarsi di lui, anche nelle situazioni più disperate. L’oscurità della notte, il vento che scuote paurosamente la barca ed infine le onde sono tutti simboli dei pericoli, delle minacce, e delle potenze del male che si abbattono sulla chiesa e sulla vita di ogni credente. Ma sulla barca, anche se dorme, c’è Gesù, colui che ha vinto il male, Satana e la morte stessa. Se è così, perché temere?

            Ritornando ai dettagli, siamo invitati a rileggere il racconto, guardando alla situazione in cui si trova Marco, quando scrive il vangelo per i cristiani di Roma, che vivono una terribile persecuzione, che minaccia la loro stessa sopravvivenza. Questi cristiani sanno che già molte altre chiese sono state fondate. Essi da poco sono stati raggiunti dal vangelo annunciato da Pietro e Paolo e dai loro collaboratori, ed hanno aderito con gioia ed entusiasmo alla fede, ed ora si trovano in mezzo alla tempesta della persecuzione. Non è normale che si chiedano con sgomento dov’è il loro Signore? Li ha abbandonati? Si è dimenticato di loro? Gli apostoli hanno annunciato che se loro si trovano nella persecuzione, Gesù è lì insieme ad essi. Pur se sembra dormire, Egli siede a poppa e guida la sua chiesa in mezzo alle tempeste, che di volta in volta minacciano di affondarla. I momenti della persecuzione sono i momenti in cui la nostra fede viene mezza a dura prova, ma dove la potenza di Cristo si manifesta nella debolezza dei suoi discepoli. Ieri a Roma, in Siria, in Asia Minore. Oggi in tante altre parti del mondo.

            Ma oltre alla persecuzione dove i cristiani vengono minacciati di violenze e di morte per la loro fede, ci sono situazioni in cui essi si trovano nella prova e  nell’angoscia, e gridano al Signore come gli apostoli quella notte: “Non t’importa che siamo perduti?”. Quante volte non ci viene di gridare così al Signore? E Gesù ci dice che proprio in quel momento è sulla barca insieme con noi, che non ci ha abbandonati, e che gli importa veramente e tanto di noi. Ancora una volta viene ad incoraggiarci a non aver paura, e con grande tenerezza, a dirci che già Lui, prima di noi è sceso negli abissi del dolore e della morte ed è lì pronto ad incontrarci, per far ritornare la bonaccia. A volte però dobbiamo chiederci se non lo abbiamo fatto addormentare noi con la nostra poca fede, con la nostra indifferenza, con il non esserci più curati di metterlo al centro della nostra vita e di vivere di fatto a prescindere da Lui. Ci dobbiamo chiedere se le nostre scelte derivano dal Vangelo o da altre fonti spurie, per sentirci quindi chiedere con serietà: “Non avete ancora fede?”. E a questo punto, come o cosa rispondere?

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)