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III domenica di Avvento: «Sei tu colui che deve venire?»

III domenica di Avvento

«Sei tu colui che deve venire?»
(Is 35,1-6a.8a.10; Sal 145; Gc 5,7-10; Mt 11,2-11)

L’attesa del Signore è un atteggiamento permanente del cristiano di ogni tempo, e la lettera di Giacomo sottolinea ripetutamente una caratteristica di questa attesa, invitando i cristiani ad “essere costanti” nel loro impegno di fedeltà al Signore in cui hanno creduto. La costanza comporta il superare la tentazione dello scoraggiamento, del disinteresse e della sfiducia, provocate dal persistere del male e della menzogna nella società. Il cristiano è tentato di allinearsi, di comportarsi secondo i parametri del mondo e di mettere da parte la speranza, come tensione inarrestabile verso un mondo migliore, più attento all’uomo e ai suoi profondi bisogni. Il “così fan tutti” diventa la tacita norma di comportamento di chi si è rassegnato a non vedere spuntare alcun frutto, di chi si è arreso, di chi ha disimparato l’arte del contadino che ha seminato, ma che per mesi deve contentarsi di aspettare, per poter vedere se il seme ha attecchito e comincia a germogliare come nuova promessa di vita e di abbondanza. La costanza è uno dei volti della pazienza, quella caratteristica di Dio che continua a fidarsi dell’uomo, ad attenderlo, a dargli tutto il tempo necessario per capire dove sta il suo vero bene, per potervi aderire con libertà e pienezza di gioia.

Giovanni il Battista appartiene al popolo che attende la venuta e la manifestazione del Signore secondo la parola dei profeti. Egli ha dedicato la sua vita ad invitare la gente a preparare la via al Signore con una degna condotta di vita, a partire da una sincera conversione, capace di trasformare il cuore e la condotta delle persone e renderli capaci di portare frutti di vita nuova. Giovanni annunzia l’imminente venuta del giudizio di Dio che sterminerà i malvagi e inaugurerà una nuova era di giustizia e di pace. Giovanni ha la gioia di riconoscere e presentare al popolo ebreo Colui che toglie il peccato del mondo, l’atteso Messia promesso dai profeti ed il suo cuore è pieno di esultanza. E la gente accorre ad ascoltare la voce del Battista e tanti accolgono il suo esigente invito alla conversione, e si fanno battezzare da lui. Ma la sua testimonianza appassionata ed intransigente suscita la rabbia di chi si sente accusare di immoralità e fa di tutto per metterlo a tacere. Giovanni viene messo in prigione. Ma non basta questo a chiudergli la bocca. Anche da lì può parlare e continuare a fare da guida spirituale del popolo.

Si informa su Gesù, sulla sua predicazione, sulla sua attività e sembra che le notizie che gli giungono lo lasciano pieno di dubbi. Per un momento Giovanni pensa di essersi ingannato indicando in Gesù Colui che doveva venire. Gesù infatti non taglia l’albero dalla radice, ma gli zappa attorno e lo concima. Gesù non spegne con un soffio violento il lume la cui fiamma è vacillante. Gesù non prende le distanze dai peccatori, ma va in mezzo ai pubblicani e alle prostitute e li invita a diventare suoi discepoli. Gesù non annuncia il giudizio, ma la misericordia di Dio che vuole ad ogni costo salvare i suoi figli. E tutto questo confonde Giovanni, gli fa venire il dubbio che forse si è sbagliato. Come superare il dubbio? Con un atto di umiltà e di fiducia. Ed è quello che fa Giovanni. Manda alcuni discepoli fidati per chiedere direttamente a Gesù se è lui quello che deve venire o se si deve ricominciare la dura fatica dell’attesa. «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».

É una domanda piena di fiducia, ma nello stesso tempo lascia trasparire lo strazio di una possibile delusione. Gesù, che conosce bene il cuore del Battista, un uomo assetato di assoluto e di verità, risponde facendo appello alla verità che scaturisce dai fatti. Le parole da sole non bastano a toccare il cuore dell’uomo, ma i fatti lo convincono. Gesù si limita a dare una semplice risposta che per Giovanni, profondo conoscitore delle parole dei profeti, diventa piena di luce. Gesù invita Giovanni a rivedere le sue personali convinzioni ed a metterle a confronto con i frutti che scaturiscono dalla sua predicazione: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo». Tutte queste opere erano annunciate dal profeta Isaia come i segni rivelatori della presenza salvifica di Dio in mezzo al suo popolo. Il popolo può riprendere coraggio, gli smarriti di cuore possono aprirsi alla fiducia e lasciare che di nuovo il sorriso spunti sul loro volto: Dio è in mezzo a loro, cammina con essi.

Giovanni non ha bisogno di altro per capire. L’ultima frase del messaggio di Gesù sa che è rivolta proprio a lui, non come un rimprovero, ma come un invito a fidarsi, a non mettersi al posto di Dio e ad accettare il suo agire misterioso, che va al di là delle nostre attese e delle nostre personali opinioni: « E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Giovanni merita di realizzare questa beatitudine di accettare Gesù per come Egli è e si è manifestato a noi: non come giudice, ma come salvatore. La chiusura della pagina di Vangelo è una meravigliosa lode che Gesù intesse del Battista, per esaltarne la sua radicale passione per Dio, la sua coerenza spinta fino alla morte, la testimonianza di sobrietà e di spirito di sacrificio, di fedeltà, di integrità di vita, di capacità pura di ascolto della voce di Dio, tanto da poterne essere un profeta. La voce di Giovanni ed il suo esempio di vita ancora oggi continuano a guidare gli autentici cercatori di Dio, che in Gesù finiranno col trovare colui che il loro cuore desidera.

Don Giuseppe Licciardi