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I due spiccioli della vedova

“I DUE SPICCIOLI DELLA VEDOVA”
(1Re 17,10-16; Sal 145; Eb 9,24-28; Mc 12,38-44)

Gesù si trova a Gerusalemme, nella spianata del tempio, e desidera mettere in evidenza alcuni atteggiamenti praticati apertamente dagli scribi, ma che ritiene assolutamente da evitare da parte della gente comune e soprattutto dai suoi discepoli. Gli scribi sono personaggi molto importanti e influenti nella vita dei fedeli Israeliti. Essi sono i custodi e gli interpreti autorevoli e ascoltati della Legge, continuano a copiare i testi dei libri sacri, per consentire anche agli ebrei che vivono lontano dalla loro terra di poter ascoltare la lettura della Parola di Dio e mantenersi fedeli a essa. Questa consapevolezza della loro importanza aveva però portato gli scribi ad assumere atteggiamenti di sprezzante superiorità, tanto da pretendere “i saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti”.

Gesù non si sofferma solamente su questi aspetti di meschina vanagloria, ma alza il tono e mette sotto accusa altri tipi di atteggiamenti ancora più gravi, perché denotano sentimenti di malvagità e crudeltà interiore, come pure di avidità e di disgustosa ipocrisia. Così incalza con una durissima invettiva: “Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere.” Accuse terribili, da togliere il fiato, specie pensando al luogo dove vengono pronunciate! Non di nascosto, ma apertamente, in faccia agli stessi scribi, che dovevano fremere di rabbia contro di Lui. Chissà cosa avranno pensato in quel momento gli apostoli! Certamente si saranno sentiti molto a disagio e forse avrebbero voluto che Gesù si stesse zitto. Ma Gesù stava parlando proprio per loro, perché essi per primi stessero molto attenti a non cadere negli stessi errori. Il suo insegnamento infatti comincia con queste parole: “Guardatevi…”, quindi, state attenti a non fare le stesse cose, non cadete nello stesso trabocchetto, tenetevi lontani da quest’ambiente.

Credo che anche le persone comuni, in cuor loro, non potevano sopportare gli scribi per il modo indegno di comportarsi, ma non avevano il coraggio di aprire la bocca. Gesù invece non può far finta di ignorare questi atteggiamenti, che non aiutano la gente a vivere bene gli insegnamenti della legge del Signore, anzi la diseducano, perché inducono a pensare che una cosa sono gli insegnamenti e un’altra cosa la vita. Se c’è una cosa che Gesù non può assolutamente tollerare, questa è l’ipocrisia. Queste parole di Gesù non riguardano solo gli scribi del suo tempo, ma anche i nuovi scribi del nostro tempo, quanti hanno il grave compito di educare e formare la gente, a partire dal loro personale esempio di onestà, di correttezza, di disinteresse e di amore sincero per il bene comune. Mi riferisco agli uomini di chiesa, agli uomini politici, agli educatori, a quanti hanno responsabilità nei confronti degli altri.

Gli atteggiamenti denunciati da Gesù sono purtroppo molto comuni e diffusi e trovano svariate forme per manifestarsi: dalla vanità all’arroganza; dal disinteresse alla presunzione; dalla compiacenza all’abuso di potere; dal chiudere gli occhi alla corruzione; dalla negligenza all’ingiustizia sfacciata. Purtroppo il campo di gioco per questi atteggiamenti è vastissimo. Ma come nota le storture e i vizi, alla stessa maniera Gesù è attentissimo nel mettere in evidenza i gesti più nascosti e silenziosi di verità, di generosità e di amore. Marco ci dice che il Maestro si era messo a sedere proprio davanti al luogo dove la gente portava le offerte per il tempio e stava a osservare quello che accadeva. Veramente curioso questo Gesù! Ma la sua è una curiosità particolare, che vuole essere un invito a saper osservare con attenzione le cose e le persone, e a coglierne l’aspetto invisibile agli occhi, perché appartiene al cuore, da cui partono le azioni e i sentimenti dell’uomo. Mentre tutti stanno attenti alla gente in vista e danarosa, che si può permettere di versare vistosi bigliettoni nelle casse del Tempio, Gesù nota con simpatia a commozione il gesto furtivo di una vedova povera che vi posa due spiccioli, una somma davvero insignificante.

Gesù invece  sa che non è così, perché quella donna ha appena consegnato “tutto quello che aveva per vivere”. Mentre gli altri danno il superfluo, questa donna da quello che le è necessario per vivere e lo fa per un gesto di amore verso il tempio, per un sincero e totale atto di culto a Dio. Questa donna sta consegnando la sua vita nelle mani di Dio, confidando in Lui e attendendo tutto da Lui. Gesù chiama di proposito i suoi discepoli e li invita ad avvicinarsi a Lui per ammirare il valore immenso di quel gesto, che anticipa l’atteggiamento del discepolo: imparare la lezione degli uccelli del cielo, dei quali il Padre celeste si prende cura e li nutre. Gesù inoltre si commuove perché vede nel gesto di quella povera vedova l’anticipazione profetica del gesto che Egli avrebbe compiuto: dare interamente la sua vita per i fratelli, glorificando il Padre nel dono totale di se stesso sulla croce. Nel gesto della donna, Gesù vede se stesso.

Don Giuseppe Licciardi (p. Pino)