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Domenica di Pentecoste

Domenica di Pentecoste

«IL PARACLITO, LO SPIRITO SANTO CHE IL PADRE MANDERÁ»
(At 2,1-11; Sal 103; Rm 8,8-17; Gv 14,15-16.23-26)

Negli ultimi tempi della sua presenza fisica in mezzo ai discepoli Gesù aveva cominciato a parlare dello Spirito Santo con dei flash brevissimi, ma densi e soprattutto lo aveva presentato come la promessa sua e del Padre. La condizione perché lo Spirito si manifestasse era che Gesù doveva tornare al Padre e quindi sottrarre la sua presenza visibile. Questo doveva avvenire non per abbandonare i suoi, ma per essere presente in un modo nuovo, legato non tanto ai sensi e alla possibilità di continuare a sentirlo, a vederlo e a toccarlo, ma molto di più all’amore e alla fede. Ora che Gesù era salito al cielo, era arrivato il tempo di vedere realizzata la promessa, cioè la possibilità di ricevere lo Spirito Santo, per lasciarsi guidare da Lui nel cammino oscuro ed intricato di questo mondo. Il fatto che Gesù affermi che lo Spirito Santo non può scendere sui discepoli se prima Lui non va al Padre, non significa che Esso non agisse o non fosse presente.

A parte tutte le affermazioni dell’Antico Testamento riguardanti la venuta dello Spirito Santo, che avrebbe dato un cuore nuovo e uno spirito nuovo, le prime pagine del Vangelo sono intrise della presenza e dell’azione meravigliosa e potente dello Spirito. A Maria viene detto che lo Spirito Santo sarebbe disceso su di lei, rendendola capace di concepire e portare al mondo Gesù. Quando Maria va dalla cugina Elisabetta ci viene detto che al saluto di Maria essa fu piena di Spirito Santo, come pure che il bambino esulta nel suo seno per la gioia dello Spirito. Maria ancora piena di Spirito Santo esplode nella stupefacente lode di esultanza del Magnificat. Così pure ci viene raccontato del vecchio Simeone e della profetessa Anna che parlavano sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, rendendo testimonianza del Bambino Gesù. Lo Spirito Santo è sempre all’opera nella vita di Gesù, la cui azione è costantemente guidata da Lui. Non si tratta allora di pensare che prima lo Spirito Santo non agisse e poi finalmente cominci ad agire, ma si tratta piuttosto di una maniera del tutto nuova di essere presente da parte dello Spirito santo, conforme al progetto di Dio di rivelare se stesso ed il suo amore attivo ed efficace in favore dell’uomo.

Gesù sulla Croce effonde lo Spirito, segno dell’amore donato fino alla fine. La sera della sua Risurrezione Gesù soffia sui discepoli ed infonde in loro il suo Spirito per togliere dal loro cuore la paura e riempirli di forza e di pace. Ma il tempo in cui doveva essere effuso lo Spirito in maniera eclatante e straordinaria “si compie” il giorno di Pentecoste, una delle grandi feste giudaiche, la festa delle Settimane e della mietitura, che veniva collegata con il dono della Legge che Jahvè consegna al suo popolo per mezzo di Mosè. La legge viene data cinque giorni dopo la Pasqua. Adesso, 50 giorni dopo la Risurrezione, viene effuso lo Spirito su Maria e i discepoli riuniti nel cenacolo e i segni che accompagnano questo evento sono simili a quelli che hanno accompagnato la manifestazione potente di Dio sul Sinai: vento impetuoso, il tremito del monte con scoppio di folgori e fuoco ardente. Questa somiglianza di segni ci aiuta a comprendere che c’è un forte collegamento tra i due eventi.

Nel primo viene consegnata una legge di vita e di saggezza, che è scritta su tavole di pietra. Nell’evento del cenacolo, nonostante i segni eclatanti, avviene qualcosa di più profondo ed intimo: da questo momento la legge è impressa nel cuore del credente ed egli la osserva e vive di essa nella misura in cui scaturisce dal suo intimo sotto la guida dello Spirito Santo. La nuova legge è la voce dello Spirito che in maniera discreta, ma sicura va rivelando a quanti aprono il cuore all’ascolto la volontà di Dio, orientandoli in maniera sicura verso tutto quello che è buono, utile, santo e che conduce alla perfezione. In questo modo lo Spirito spinge ed accompagna il credente a vivere come vero figlio di Dio, perchè, come Gesù si lasciava guidare dallo Spirito, così coloro che sono guidati dallo Spirito di Dio si rivelano figli di Dio. Per questo Gesù afferma con insistenza che solo amandolo possiamo riuscire ad osservare i suoi comandamenti. Con questo ci dice chiaramente che la vita cristiana non è osservanza di una legge, ma vivere nell’amore coinvolgente e trasformante di Gesù, che ci ha donato il suo Spirito per aiutarci a mantenerci in costante sintonia con il Padre e a camminare nella sua lunghezza d’onda, in modo da percepire con chiarezza la sua Parola e vivere di essa.

Lo Spirito è chiamato Paraclito, perchè ci tiene compagnia, ci consola, strappandoci dalla solitudine e dal senso di sentirci abbandonati e ci fa esperimentare la presenza amorevole e provvidente di Dio e di Gesù nella nostra vita. Inoltre Egli, come Avvocato, ci assiste e prende sempre le nostre difese, perchè non veniamo riconosciuti colpevoli di alcuna colpa. Si presenta come vento impetuoso, per spazzare via ogni inganno, malvagità, empietà, ingiustizia, ma anche per toglierci dall’ immobilità, dall’inerzia e dalla pigrizia. Ci spinge ad uscire da noi stessi per imparare ad andare verso gli altri. Ci libera dalla paura, da ogni forma nociva di rispetto umano, dalla forza dell’abitudine e della routine, per vivere nella novità e nella freschezza della vita cristiana. Si presenta come fuoco per bruciare ogni impurutà e scoria e consentirci di vivere in maniera autentica. Ma anche per infiammare la nostra vita e farla ardere sempre del desiderio di Dio e dell’amore per il prossimo. Il fuoco scende in forma di lingue per mettere nelle nostre labbra la forza della testimonianza che convince e converte, della lode fervente che glorifica Dio, edifica i fratelli e si tramuta in gioia esuberante e contagiosa, frutto dello Spirito.

Padre Pino (Giuseppe Licciardi)