Skip to content Skip to footer

Il Buon Pastore

Il Buon Pastore

«LE MIE PECORE ASCOLTANO LA MIA VOCE»
(At 13,14.43-52; Sal 99; Ap 7,9.14-17; Gv 10,27-30)

In questa quarta domenica di Pasqua, la Chiesa ci presenta Gesù attraverso l’immagine del Pastore, che già lungo i secoli aveva accompagnato gli ebrei, educandoli a vivere la consapevolezza della presenza forte e amorevole di Dio nella loro esistenza quotidiana. Questa immagine, con cui Dio amava essere invocato, adesso Gesù la riferisce alla sua persona: io sono il buon pastore. Egli infatti rende visibile e fa toccare con mano la presenza, la cura provvidente, la protezione, la sicurezza e la dedizione incondizionata di Dio stesso nei confronti del suo popolo. Egli realizza l’immagine umile forte del pastore che vive in mezzo al suo gregge, che ne condivide l’esperienza e, come ci ha suggerito con una bellissima e profonda espressione papa Francesco, parlando ai sacerdoti nella messa crismale, ne porta l’odore.

Fin dalle prime battute di questa breve pagina del Vangelo di Giovanni ci viene data la seconda linea di identità del cristiano. La prima è quella dell’amore fraterno, che ci fa riconoscere come discepoli di Gesù. La seconda è quella dell’ascolto: «Le mie pecore ascoltano la mia voce». Qui il verbo ascoltare è preso nel suo significato più pieno e profondo. Per gli ebrei non c’è un verbo specifico per dire “obbedire”, inteso come seguire degli ordini in maniera impersonale. Il verbo usato è appunto “ascoltare”, che è un verbo di relazione, che indica un rapporto da persona a persona, nella fiducia e nell’amore sincero. Nel linguaggio comune si trova ancora qualche traccia, quando un genitore dice al figlio, o un amico dice all’amico: “mi devi ascoltare”, e con questo si intende chiaramente che ci si aspetta che l’altro faccia esattamente quello che gli viene detto. Il discepolo è colui che non agisce di propria iniziativa, ma colui che ascolta attentamente la parola del maestro e la mette in pratica, fidandosi totalmente di lui. La scorsa domenica abbiamo seguito la vicenda di Pietro e degli altri compagni, che hanno potuto fare una pesca abbondante, solo quando si sono fidati della parola di Gesù e l’hanno ascoltata, attuandola.

Si tratta di un messaggio di estrema importanza, soprattutto ai nostri giorni, perchè siamo assaliti da tantissime voci che provengono da ogni parte e che ci disorientano, ci confondono, ci assordano, tanto da renderci estremamente difficile poter riconosce la voce autentica del nostro Signore. Tanti pretendono di essere i portavoci autorevoli e autorizzati della sua parola su tanti aspetti della vita sociale, della famiglia, del matrimonio, del valore dei sacramenti, e su tanti altri campi molti sensibili dell’agire umano. Tanti altri ancora pretendono di far passare come giusto e lecito il comune modo di agire, dandogli valore di tacita norma morale. Il “cosi fan tutti”, che poi non sono proprio tutti, diventa una valida ragione e scusa per allontanarsi da sane norme morali, che corrispondono poi alla parola di Dio scritta e tramandata costantemente dalla chiesa. Abbiamo assoluto bisogno di metterci di nuovo all’ascolto della voce di Dio. Il primo e fondamentale comandamento per gli ebrei rimane sempre valido ed urgente per i cristiani: “Ascolta, Israele!”. Sì, il primo invito, la prima parola che troviamo nella legge di Dio è proprio questa: ascolta!

Anche ai tempi di Gesù c’erano gli scribi e i farisei, che pretendevano di essere gli unici canali che portavano la parola di Dio viva e vera. Ma Gesù denuncia il tradimento che costoro hanno fatto della voce di Dio e presenta se stesso come Colui che i discepoli devono seguire, perchè lui conosce il Padre ed ascolta la sua Parola. Per questo è il solo che ce la può comunicare rettamente e senza distorsioni. “Io vi insegno quello che ho udito dal Padre mio” ripete tante volte. Quindi Gesù è una fonte diretta, di prima mano, e attraverso lui scorre viva e vera la parola di Dio che può nutrrire e dissetare il suo popolo. Pietro lo riconosce apertamente e a nome di tutti esclama: “Tu solo hai parole di vita eterna”. Attraverso l’ascolto della parola noi entriamo in comunicazione con la vita stessa di Dio, che è vita eterna. Ascoltare e seguire Gesù sono gli atteggiamenti del vero discepolo. Gesù da parte sua ci assicura che ci tiene tanto a noi, che nessuno potrà strapparci dalle sue mani, a meno che noi stessi, per negligenza, per leggerezza, per indifferenza, per inganno, o addirittura per rifiuto, non ci allontaniamo da Lui.

Dietro Gesù ci sta il Padre, che ci tiene stretti nella sua mano, perchè nessuno di noi si perda. Gesù ci rivela, con una forte carica di commozione, una verità molto profonda sulla sua persona e sul perchè Lui sta sempre in ascolto della voce del Padre ed è sempre pronto a comunicarcela: «Io e il Padre siamo una cosa sola». Alla stessa maniera Gesù vuole formare con noi una cosa sola e ci da il mezzo più sicuro ed efficace per realizzare questa piena e profonda comunione, cioè ascoltare la sua voce. A noi non resta che metterci in allenamento, per affinare la nostra capacità la udire la sua voce, riuscendo a distinguerla da tutte le altre che arrivano alla nostre orecchie. Ma è una questione di amore. Come noi riconosciamo le persone che amiamo dalla loro voce, anche se non le vediamo, così, con la frequentazione assidua della sua parola e con la fedeltà al nostro impegno cristiano, noi ci renderemo capaci di riconoscere tra mille la sua voce e di volgerci immediatamente a Lui, nostro amico e pastore.

P. Pino (p. Giuseppe Licciardi)