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20 Aprile 2023 – 30° anniversario della morte di Don Tonino Bello

Pace, giustizia, salvaguardia del creato

don Tonino Bello “Quando, sulla scorta della Parola di Dio, si è scoperta la stretta parentela della pace con la giustizia, si sono scatenate le censure dei potenti.
Si è detto che il profeta vuole prevaricare sul re. Così come durante il processo di Pilato, la folla ha accusato Gesù di voler prevaricare su Cesare.
Si è asserito che collegare il discorso sulla pace, e quindi il discorso sulla guerra, con i discorsi sull’economia perversa che domina il mondo, sul profitto, sulla massimizzazione del profitto, sui debiti del Terzo Mondo, sulla crescente divaricazione tra Nord e Sud, sulla violazione pertinace dei diritti umani… significa fare la parte degli utili idioti.
Sicché, la giustizia, collocata da Dio stesso accanto alla pace quale sua partner naturale, continua a destare, purtroppo, più sospetto di quanto non susciti scandalo quando viene collocata, sia pure come aggettivo, accanto alla guerra. Tant’è che si parla ancora di “guerra giusta”.
Questa sì che è convivenza contro natura!”.

“La Bibbia allude spesso ad abbracciamenti tra pace e giustizia simili a quelli tra madre e figlia, o tra due amanti comunque. Frutto della giustizia è la pace, dice Isaia in uno splendido passo. E il salmo 85 parla così apertamente di baci tra i due partners, che non mancano coloro a cui verrebbe il sospetto che questi rapporti abbiano del torbido, e calpestino il cosiddetto elementare senso del pudore. In effetti, è un’accoppiata che fa scandalo. Tant’è che molti agenti della “buon costume” preferirebbero che le due imputate se ne tornassero ciascuna a casa sua e rientrassero, per così dire, a vita privata. Parlando fuori parabola, non è difficile capire come ai ben pensanti che quasi sempre coincidono con i garantiti di turno, dà fastidio questa scoperta biblica, recente tutto sommato, del legame esistente tra pace e giustizia. Pace, sì. Ma che c’entrano i 50 milioni di esseri umani che muoiono ogni anno per fame? Sulla pace non si discute. Ma che cosa hanno da spartire con essa i discorsi sulla massimizzazione del profitto? La pace, va bene. Ma non sa di demagogia chiamare in causa, ad ogni giro di boa, le divaricazioni esistenti tra Nord e Sud della terra? Pace, d’accordo. Ma è proprio il caso di tirare in ballo la ripartizione dei beni, o i debiti del terzo mondo, o le manipolazioni delle culture locali, o lo scempio della dignità dei poveri? Attenzione! E’ in atto una campagna “soft” che spinge pace e giustizia alla “separazione legale”, con espedienti che si vestono di ragioni morali, ma camuffano il più bieco dei sacrilegi. Non scommettere sulla pace che si proclami estranea al problema della salvaguardia del creato: è amputata. Qualcuno potrebbe pensare che il bisogno di allargare i consensi, con l’ammiccamento ai temi di moda, abbia provocato l’inclusione del problema ambientale nell’area degli interessi di coloro che si battono per la pace. Non è così. Alla radice di questa coscienza, che potremmo chiamare “trinitaria”, visto che la pace oggi si declina inesorabilmente con la giustizia e con la salvaguardia del creato, c’è la constatazione che, a produrre tanti guasti inesorabili della natura, è sempre il seme del profitto. Lo stesso che genera le guerre. L’utero che partorisce la guerra è sempre gravido, diceva Brecht. E i suoi parti sono trigemini, dal momento che, oltre alla guerra e all’ingiustizia, si porta dentro anche il mostro ecologico. Isaia le aveva intuite prima di noi queste articolazioni, quando annunciava la discesa dello Spirito che avrebbe trasformato il deserto in giardino, all’interno del quale sarebbe fiorito l’albero della giustizia, sui cui rami sarebbe spuntato il frutto della pace. “In noi sarà infuso uno Spirito dall’alto. Allora il deserto diventerà un giardino…e la giustizia regnerà nel giardino…e frutto della giustizia sarà la pace” (32,15-17).

(Don Tonino Bello)

 

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